Come oggi, il 27 novembre 1967: l’alba del sessantotto osimano

Il 27 settembre 1967 gli studenti dell’Università di Torino occupano palazzo Campana, sede delle facoltà umanistiche. Di lì a poco seguirà l’occupazione dell’Università di Sociologia di Trento, il 31 gennaio 1968, che apre in Italia la stagione della “contestazione giovanile”.
Nel giro di pochi mesi il numero delle università occupate supererà la trentina. Successivamente il fenomeno della contestazione studentesca si allarga alle scuole superiori che vogliono, così,  solidarizzare con gli universitari.
Il fenomeno della contestazione studentesca si allarga alle scuole superiori che vogliono solidarizzare con gli universitari. La protesta si estende rapidamente ad altre città, come Pavia, Genova e Napoli. Da qualche mese era stato pubblicato il libro di Don Milani, Lettera a una Professoressa, e la riflessione sui contenuti del sapere diventa il filo conduttore delle proteste insieme alla critica dell’autoritarismo delle lezioni cattedratiche e alla richiesta di nuovi modelli di confronto: assemblee, seminari, discussioni sulla didattica.  Anche le vicende internazionali: la Guerra in Vietnam, la repressione delle contestazioni in Messico in occasione delle Olimpiadi, le battaglie civili dei neri d’America promosse da Martin Luther King furono determinanti alla nascita e al diffondersi dei movimenti studenteschi.
Ad Osimo ? Dai documenti e dai giornali locali che ho potuto visionare ho tratto la considerazione  che nella nostra città la “contestazione studentesca”  trovò una sua collocazione sia nel mondo cattolico, sia in quello di sinistra, con la formazione di circoli e gruppi come: “il FARO”, “il GOMERO”, il “circolo di San Marco”; o nei ragazzi che si ritrovavano dietro i giornali come: “l’Osservatore Nuovo” o “Osimo 2”. In questo arcipelago fatto di nuovi movimenti culturali e sociali, si svilupparono le prime forme di protesta verso il mondo dei genitori, il conformismo,  la società borghese. I protagonisti di questi gruppi,  spesso non avevano un’etichetta politica, caratteristica era la comunicavano  tramite ciclostile.
Sicuramente il “sessantotto osimano” ha avuto una sua storia e un suo percorso che pur non essendo contrassegnato dagli eventi eclatanti avvenuti  nelle grandi metropoli italiane, senza dubbio è stato importante per il contesto  nel quale era inserito.
Ad Osimo , a parte il caso isolato dei ragionieri  del “Corridoni” , che  erano scesi in lotta per protestare contro l’inadeguatezza della struttura già nel 1966, – anticipando il maggio francese e la primavera del ’68 -, il Movimento Studentesco appare sulle cronache cittadine nel marzo del  1969. Fa scalpore in città lo sciopero alle Magistrali. I giornali riportano la notizia: “…sciopero perfino alle Magistrali”.
Anche le Magistrali scioperano***
Ho lanciato dalle pagine di FB, un appello a tutti gli ex giovani osimani che vissero, circa 50 anni fa, questi eventi:

Dove eravate, cosa facevate, cosa ricordate e cosa vorreste cancellare di quegli anni.
In poche parole : che cosa è stato, per voi, il ’68 ?  

Queste alcune delle risposte che mi sono pervenute:
Gianni SANTILLI 
 “Un anno importantissimo, surreale: improvvisamente, dall’oggi al domani, cresceva dentro di noi una voglia di cambiamento, di indipendenza, di rabbia verso l’immobilismo dei “grandi”. Noi giovani sentivamo il peso della responsabilità dell’innovazione: avevamo un coraggio che non sapevamo di avere: scioperi; picchetti, proteste per … tutti i nostri desideri sino ad ora inascoltati: dai più futili (diritto di avere la pizza calda a scuola durante l’intervallo), ai più importanti quali essere consultati sulle decisioni programmatiche dell’istituto, sugli orari e sui programmi e sulle scelte gestionali, con tutti i rischi delle sicure conseguenze a cui andavamo incontro. Inoltre le difficoltà di far capire ai nostri genitori il perchè delle nostre proteste, sfidando i loro divieti: Ricordo i mia madre che piangeva e mio padre che mi rimproverava di non riconoscere i sacrifici che facevano per mandarmi a scuola….”
Matteo BISCARINI  “il capo riconosciuto della occupazione del Liceo Campana era Sandro Guercio…… dalla sua classe è uscito gran parte del nuovo gruppo dirigente del Pci osimano che si è affermato negli anni ’70….”
Gloria CASTELLANA  “veramente io nel 1968 ero già a Urbino; quella volta per entrare alla facoltà di Lettere bisognava dare un esame di ammissione: un tema. Se ben ricordo io scrissi del problema dei bambini che aspettavano negli Istituti di essere adottati….All’Università c’era grande movimento, spesso ci si presentava ai cosiddetti esami “di gruppo” … orripilante. Io, tanto per cambiare, stavo dalle suore Pie Venerine, di cui ho un bellissimo ricordo, soprattutto della Superiora sempre allegra e spiritosa, che mandò a chiamare un paio di “anziani” per farmi scrivere il famigerato papiro: un’accozzaglia di disegni e barzellette (anche volgari) in un improbabile latino maccheronico. Grazie a quello potevo girare liberamente e nessuno mi faceva brutti scherzi!!!”
Iside CAGNONI  “Eravamo lì a preparare dopo assemblee varie lo sciopero e la manifestazione che si è svolta sul piazzale della scuola. E’ stato uno sciopero soprattutto a sostegno delle altre scuole superiori di Osimo che avevano occupato per giorni. Presidente del movimento alle magistrali era Fausto Giuliodori”.
Fausto GIULIODORI  ” cara Paola, leggo la tua continuando a meravigliarmi dello stupore generato allora dallo sciopero alle magistrali.Infatti lo lo sciopero fu solo un momento della intensa attività svolta dalle studentesse e dagli studenti. A differenza degli amici del Corridoni fummo meno casinisti ma forse più costruttivi.Durante le assemblee e lo stesso sciopero non rompemmo nulla, non imbrattammo nulla ma riuscimmo a redigere uno statuto che per alcuni anni servì nelle relazioni con la presidenza ed i professori. Ricordo con piacere le fitte riunioni che venivano fatte, sempre costruttive e sempre nel rispetto di tutti. Si contestava anche pesantemente ma non si insultava. Si litigava magari ma alla fine in amicizia si faceva merenda insieme offerta dalla madre superiora. Striscioni e cartelli furono preparati nella palestra della scuola con la Preside che sapeva e non codivideva e lo sciopero fu attuato con un ferreo servizio d’ordine utilissimo quando studenti di altre scuole vennero alla nostra manifestazione più interessati a “pomiciare” le nostre compagne che agli argomenti dello sciopero. Furono eletti per ogni classe i rappresentanti degli studenti che lavorarono allo statuto non in orario scolastico e che prima della fine dell’anno scolastico lo portarono alla assemblea generale per l’approvazione. Fu davvero una palestra di democrazia vissuta da noi studenti con tanto orgoglio ma con altrettanto impegno. Devo dire che non fummo bloccati e nemmeno ostacolati in questo democratico cammino. In quel periodo alle magistrali insegnava don Aldo Compagnucci, suor Amedea Andreini e la Preside era la dolcissima suor Pia Pulcini che oltre ad arricchire il nostro corredo professionale e culturale pensavano a far crescere la nostra voglia di democrazia partecipativa. Furono frutti speciali di quel periodo tanti insegnanti e professionisti donne e uomini che hanno arricchito e continuano ad arricchire la nostra Italia. Aggiungo solo un ricordo personale. All’esame che allora era di stato portai come tesina il nostro statuto e al professore molto conservatore per non dire fascista che mi impediva la corretta esposizione dei vari capitoli chiesi in maniera ferma di non interrompere e di lasciarmi parlare. Il presidente di commissione lo fece tacere ed io vinsi una delle tante battaglie democratiche della mia vita lasciando però sul campo alcuni punti sulla valutazione finale….. ”
Teresa CARLONI : “Il liceo fu occupato, ma la notte le ragazze tornavano a casa.”
Valerio MARCHETTI:  ” Ciao Paola, il tuo invito a scrivere qualcosa sul ’68 osimano mi ha fatto riaprire una finestra che avevo ormai chiuso e nel riaffacciarmi non tutto mi riesce di percepire in modo nitido.
In realtà ad Osimo non c’è stato il ’68 (almeno così mi sembra), ma il ’69.
Nel ’68 ad Osimo era tutto “tranquillo”; giungeva solo l’eco di quanto avveniva lontano.
Ricordo che nelle serate dell’estate del ’68, pur non essendo “comunista”, frequentavo la “Casa del Popolo” in via Cialdini, per ascoltare e confrontarmi con altri ragazzi più grandi di me, già universitari in grandi città fuori regione, i quali trasmettevano quanto avevano vissuto nelle loro facoltà nei mesi precedenti (ho l’immagine dei fratelli Piazzini).
Ricordo che veniva spesso citato con gran rispetto Herbert Marcuse (filosofo, sociologo, politologo e a cui si ispirava il ’68). Mi sembra di ricordare un suo libro (“L’uomo ad una dimensione”) che criticava il modello della società industriale di allora che soffocava l’uomo; da questa premessa gli studenti avevano la missione di rompere il “meccanismo” partendo dalla struttura scolastica e dalle sue rigide/autoritarie regole imperanti. Del libro lessi solo qualche pagina.
In realtà la mia vera formazione avveniva nella “palestra” del Circolo giovanile della Parrocchia di San Marco, frequentato anche da amici studenti delle magistrali e del liceo.
In quel periodo ero stato eletto “Presidente /rappresentante degli studenti di Ragioneria del Corridoni” e mi sono ritrovato a gestire, con altri compagni di scuola, l’occupazione dell’Istituto (fine 1968 oppure inizio 1969 ????)
Per farla breve voglio riportare un piccolo fatto che ha tutto il sapore “nostrano” di allora.
L’occupazione proseguiva regolarmente e in maniera estremamente corretta. Venivano fatte assemblee per decidere il programma della giornata, si incaricavano i compagni che dovevano assicurare il controllo dell’ordine, della pulizia, ecc.
Una domenica mattina (sul presto) mi giunge la soffiata che i carabinieri si stavano apprestando per buttarci fuori. Ero preoccupato. Con un amico, e in gran segreto, vado a casa del Giudice Giuliodori (in via Cesare Battisti) per informarmi quali conseguenze penali potevano derivare nel porre resistenza e a farci trovare dentro la scuola. Il dr. Giuliodori, familiarmente, mi fornì quanto mi necessitava.
Ritornai al “Corridoni” per indire urgentemente un’assemblea nel corso della quale, a maggioranza, si valutò che gli obiettivi dell’occupazione erano stati ormai sostanzialmente raggiunti e che pertanto si poteva porre termine alla contestazione.
Le forze dell’ordine, già da ore presenti numerose in via Pompeiana (raggruppate a un centinaio di metri dal portone principale della scuola), aspettarono la fine della nostra assemblea e la completa uscita di tutti noi (probabilmente avevano dettagliate informazioni su quanto stava avvenendo e ci lasciarono concludere).”
Scrisse Paolo Carnevalini sul giornale “L’ Osservatore osimano” qualche giorno dopo l’evento. Il titolo dell’articolo era:

Sciopero alle magistrali. Un aspetto del “rivoluzionario” evento.

Da un po di tempo in qua alle Magistrali si sentiva che qualcosa era cambiato: non era più quell’istituto estremamente gretto e conservatore tanto criticato dai giovani osimani; vi si era svolta una certa attività che va dall’aver organizzato il ballo di Carnevale a discussioni formative fino all’assemblea.
Gli eventi delle altre scuole hanno fatto riflettere i futuri maestri sul come comportarsi ed hanno agito innanzitutto per coscienza che il paragrafo 5 della Riforma va mutato anzi invertito ( non 5 esaminatori esterni ed 1 interno, ma 5 interni ed 1 esterno) poi per solidarietà, che è un fattore molto importante: Se gli operai hanno ottenuto qualche cosa dai padroni l’hanno potuto per la solidarietà che ha sempre caratterizzato le loro azioni, anche gli studenti otterranno una riforma globale della scuola se sono concordi ed uniti. Marx direbbe: “Studenti di tutto il mondo unitevi per rivendicare i vostri diritti”.
Dopo un esame delle varie forme di protesta, scartata l’occupazione per il carattere privato della scuola e la dimostrazione diventata ormai pane quotidiano è stato deciso di portare avanti uno sciopero totale e compatto di 3 giorni, decisione presa all’unanimità.
Il primo giorno di sciopero tutto è filato liscio, tranne il fatto che un professore ha colto l’occasione per mettere in mostra le sue “alte doti” di maleducazione e villania scagliandosi in maniera degna di un ubriaco contro un giovane che se ne stava tra gli scioperanti tutti suoi amici. Soprassediamo su questo fatto che in noi non ha suscitato alcuna meraviglia conoscendo da molto tempo il professore in questione e ritorniamo alla “cronaca ” dello sciopero.
Intimidazioni varie hanno consigliato gli alunni della scuola in questione a ridurre lo sciopero a 2 giorni, che non è stato inchinarsi ad intimidazioni o altro, ma decisione presa previo esame della situazione venutasi a creare dopo lo sgombero dell’Istituto tecnico e del liceo da parte della polizia e per il martedì 4 si è deciso uno sciopero bianco: cioè tutti a casa per evitare assembramenti e non dare motivo alla polizia di intervenire. Al mercoledì tutti a scuola certi di avere portato avanti qualcosa di positivo e di non averlo fatto quasi senza errori.
( articolo firmato Paolo Carnevalini ).

Nel febbraio  1968 la contestazione giovanile continua ma cosa succede al Liceo Campana di Osimo ?
Scrive Sandro Guercio uno dei “capo-popoli” della contestazione al Liceo Campana:

NO al DECRETO FABIANI.

” Se a maggio gli universitari gridavano “No alla legge Gui” e se ad ottobre gli studenti medi si sono fatti pestare a sangue dai manganelli della polizia per rivendicare il diritto di assemblea, noi studenti del Licep-ginnasio di Osimo alla ripresa delle lezioni dopo le feste natalizie scateneremo la nostra protesta contro il “decreto Fabiani”. E’ inutile scartabellare i giornali o fare sforzi eccessivi di memoria un simile decreto non ha precedenti: è nato dalla testolina di una nostra cara amica di scuola. In un momento in cui gli studenti medi delle più grandi città italiane sono scesi in lotta per esigere il diritto di unirsi in libere assemblee, in un momento in cui Roma ha assistito al grandioso sciopero di circa 50.000 studenti medi che con la loro dimostrazione di forza hanno voluto far valere le loro rivendicazioni, quando il rumore della lotta del liceo Mamiani contro l’autoritarismo di tipica marca fascista, del preside di quella scuola non si è ancora spento nel cuore di tutti coloro che amano la democrazia, qualcuno al liceo Campana ha ancora il coraggio e la sfacciataggine di parlare di delegati. All’indomani della emanazione della circolare Scaglia che riconosceva il diritto di Assemblea ( pur permettendo le più svariate manipolzioni) la Sig.na Fabiani è piombata in classe ed ha cominciato a sfoggiare tutta la sua eloquenza cercando di convincere più gente possibile della necessità di eleggere delegati che andassero a riperire in Assemblea quello che la massa degli studenti voleva; tutto questo per evitare di far troppa confusione che avrebbe potuto nuocere alla salute dei professori e del preside e perchè in certi classi ci sarebbe dei deficienti che sarebbe inutile far parlare. Per la sig.na Fabiani, quindi che il difetto di credersi Cristo tra il popolo o una novella Giovanna d’Arco, l’assemblea non è più un momento di lotta in cui lo studente si scontra con l’autoritarismo e il condizionamento voluti dall’apparato scolastico, ma diviene un passatempo, un diversivo alla vita di tutti i giorni, un nuovo gioco di società da sfruttare finchè è valido. A noi poveri ignoranti che cercavamo di contestare queste sue argomentazioni tentando di farle capire che sarebbe stato meglio, invece di preoccuparci della confusione che sarebbe sorta, aver cura che tutti indistintamente potessero parlare ed esprimere la propria opinione. Lei rispondeva che non potevamo capire, che non valutavamo a fondo le difficoltà, che lasciassimo fare a lei che in fondo valeva molto più di tutti noi messi insieme. Quindi per la sig.na Fabiani l’Assemblea è una specie di gran consiglio a cui gli studenti, o meglio i loro delegati portano un contributo che però va esaminato dal preside ed a lui soltanto spetta il compito di decidere, A questo punto la libera assemblea può anche andare a farsi friggere.
L’atteggiamento da “capo popolo” della sig.na Fabiani a noi non stupisce affatto perchè a conti fatti non è tutta colpa sua. A lei è toccato solo la disgrazia o la fortuna di appartenere ad una determinata sfera sociale che, soprattutto qui ad Osimo, ha sempre potuto fare il proprio comodo, ha sempre comandato incontrastata.
firmato Sandro Guercio

A distanza di quasi 50 anni da quanto scritto da Sandro Guercio risponde la “sig.na Fabiani” : “Salve, …Sono tantissimi i ricordi che mi sono venuti alla mente leggendo i tuoi ….bellissimi scritti. Gli anni sessanta sono gli anni della mia adolescenza e riviverli ha sempre un gusto un po’ agrodolce. Erano gli anni della minigonna, delle prime femministe, della  contestazione. Come li abbiamo vissuti in un paese come Osimo? Credo con molta superficialità e una buona dose di  romanticismo: ci si schierava, non so se per convinzione o per moda, forse per tradizione familiare o, magari, per contestazione della famiglia e delle sue idee, si leggeva Marx o Mein Kampf, Evola o Spengler,si era convinti di essere fedeli estimatori di Russel, ma la domenica facevamo la Comunione da Monsignore, perché al Duomo valeva di più e poi non si sa mai..,si ascoltava De Andrè, ma si piangeva con Battisti, ci si insultava a scuola, ma poi si andava tutti insieme alla festa del sabato pomeriggio. Certo è che eravamo convinti di poter cambiare il mondo, ma l’unico cambiamento che facevamo era arrivare da Fattorini, anziché da Campanelli nello struscio del pomeriggio. In ogni caso ringrazio di essere cresciuta in un paese provinciale, sonnolento, forse anche borghese e conservatore ma dove esistevano valori che andavano oltre gli schieramenti e dove la stima per una persona esulava le idee politiche. Ricordo lo screzio avuto con Sandro, anche se mi sfugge il motivo scatenante, ma ti posso assicurare che, anche dopo la pubblicazione dell’articolo, abbiamo continuato a scambiarci le versioni (corrette!!) di greco o latino.”  f.to Maria Eugenia Fabiani

1968 e Osimo

Febbraio 1968 Istituto Tecnico Commerciale “F.Corridoni” alle nobili motivazioni delle  contestazioni del ’68 si aggiungeva il  forte malcontento causato da altri ragioni forse meno nobili ma molto sentite dai rgazzi dell’istituto di via Pompeiana:
La sezione B era sfavorita rispetto all’altra sezione. Nella B non c’era un professore di ruolo, ogni anno nuovi supplenti e questo comportava una evidente differenza nel grado di preparazione. La mancanza di aule aveva determinato fino a gennaio il doppio turno della scuola: le lezioni si svolgevano dalle 8 alle 10,30 e il secondo turno dalle 10,30 alle 13 con grave pregiudizio sull’andamento scolastico in generale. Altri motivi del malcontento derivavano da divieti assurdi come quello imposto dal preside di vietare dalle 8 alle 10 l’autorizzazione ad andare alla toilette.
Scrissero i ragazzi e fecero girare un volantino anonimo:
” Forse questa misura sarà stata presa per evitare quel “via vai” nelle prime due ore, cioè in quel periodo più fruttuoso per un profiqui insegnamento fors’anche per evitare che “fumatori incalliti” si nascondino nei gabinetti mentre i loro rispettabilissimi professori fumano abbondantemente e liberamente perfino in aula. Altre misure potevano e dovevano essere prese per impedire ciò e non chiudere a chiave le tanto necessarie stanzette con il “buco”. Per le prime due ore si potevano chiudere anche i gabinetti dei professori se è vero che i migliori risultati si ottengono dando il buon esempio”.
Un altro motivo di lamentela “non legata alle motivazioni  sessantottine” era quello della palestra. L’unica palestra a servizio della scuola era la chiesa di San Silvestro, opportunamente adattata, ma priva di un sufficiente sistema di riscaldamento, di un decente spogliatoio ed un pavimento adatto ad una palestra.
Anche sull’orario i ragazzi avevano da protestare, spesso tutte le materie difficili erano concentrate in un solo giorno impedendo agli stessi, di potersi preparare adeguatamente.

Marzo 1968 In chiusura del secondo trimestre al Liceo Campana,  il preside, prof. Alessandro Niccoli, richiamandosi a quanto stava succedendo in molte Università italiana e in alcuni Istituti Superiori, con occupazione delle scuole scrive agli insegnanti del liceo per cercare di venire incontro alle aspettative degli allievi:
” … Al di là di ogni giudizio di merito sui motivi che possono avere determinato le manifestazioni in corso, esse rilevano un profondo senso di disagio della gioventù studiosa  di fronte alle strutture scolastiche che è nostro stretto obbligo professionale ed umano valutare con sereno e spassionata obbiettività. 
Qualsiasi atteggiamento di irrigidimento da parte dei organi collegiali degli Ist.Scolastici o di singoli insegnanti non contribuirebbero in alcun modo a rendere più facile la soluzione dei problemi, così gravi e complessi, che la Scuola italiana è chiamata ad affrontare in una fase particolarmente delicata della vita nazionale.
Dobbiamo renderci conto che i nostri giovani chiedono alla Scuola, ed hanno ragione di chiederlo, preparazione professionale, larghezza di interessi e costante aderenza alle loro aspirazioni ed alle loro esigenze.
A nessuno degli insegnanti di questo istituto fa difetto la preparazione professionale, nè manca la proficua volontà di contribuire positivamente, in armonica collaborazione con le famiglie, alla formazione umana dei giovani. Doti, queste, che il preside è ben lieto di poter riconoscere  nei propri collaboratori; ed è proprio perchè confida sul loro intuito psicologico ancor più che sulla loro cultura, che il capo d’istituto rivolge di nuovo l’invito, cordiale ma responsabile, a tutti gli insegnanti di non ritenere che il loro compito si esaurisca nell’esposizione ed illustrazione dei problemi connessi alle discipline loro affidate.
Primo compito nostro è quello di porci con alacre e vigile sensibilità di educatori di fronte alle contraddizioni, alle inquietudini, alle deluse speranze dell’animo giovanile: alle contraddizioni insite in intelligenze non ancora formate, perchè la nostra maturità culturale può aiutare a risolverle; alle inquietudini rese così intense dalle sollecitazioni del mondo esterno alla Scuola, perchè sono anch’esse inconsapevoli manifestazioni di un desiderio di crescita spirituale; alla delusa amarezza con la quale tanti giovani, e sono spesso i migliori, giudicano l’operato delle generazioni più anziane. perchè in qualche misura ne siamo tutti corresponsabili; alle speranze, perchè nessuno di noi vorrebbe doversi rimproverare di non aver saputo intuirle”.

Paola
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