Per le strade della campagna elettorale: terzo

 

Nel cammino della campagna elettorale per le strade della nostra città, capita di imbattersi – oltre con tante edicole sacre – anche in lapidi, stele e monumenti. Raramente ci si ferma ad osservarli, non destano curiosità perché è come se fossero lì da sempre, si è  abituati alla loro presenza che vengono considerate parte dell’arredo urbano.

Monumenti, opere  di cui non si comprende immediatamente il senso. Passando in auto non ci si fa più neanche caso o si lancia uno sguardo sbrigativo e ci si allontana. Perché perdere tempo prezioso per sforzarsi di capire la storia di quella pietra lì collocata?  Perché poi perdersi nella noiosa lettura di lunghe liste di nomi incisi sulla pietra, di scomparsi da tempo? o leggere con difficoltà il messaggio  segnato dalla pioggia o dal vento scolpito su quella pietra?

Ma se  ci si soffermasse a guardare con attenzione, a leggere quelle epigrafi, si scoprirebbe che quei nomi, ogni singolo nome, anche quello in parte consumato dal tempo, racchiudono passioni, pensieri, affetti, sofferenze, aspirazioni. E che dietro quel monumento c’è il richiamo ad un pezzo di storia che è l’anima e la memoria collettiva della nostra comunità. Perché ciò che le pietre cercano di raccontare è la storia, la nostra storia, la storia di una comunità che, come quella di molte altre, è stata percorsa, attraversata, ma più spesso investita dalla storia.


Il monumento  in via di Jesi  in località Casette di Rinaldo, tra le frazioni di Campocavallo e Padiglione, è lì collocato, in quel particolare luogo per ricordarci persone per la maggior parte protagoniste involontarie di un tragico avvenimento avvenuto il 24 giugno 1944 quando due giovani partigiani, Marcello Espinosa Marcello e Augusto Pallotta, non ancora ventenni vennero uccisi dai nazifascisti, e con loro trovò la morte il mugnaio Carlo Polverini  e tutte le casette della zona, povere abitazioni dei contadini,  vennero date alle fiamme. 

Credo che questo frammento di storia contenuto in questo monumento così come per tutte le altre pietre, lapidi ed epigrafi disseminati  nel nostro territorio costituiscono un patrimonio storico e culturale e deve essere impegno di noi tutti, di tutta la nostra comunità e un dovere per chi viene chiamato ad amministrare il bene comune – aldilà di qualsiasi colore politico – a mantenere vive, curate e a tramandare la memoria di queste pietre per  ricordare personaggi, rammentare avvenimenti, evocare valori.

Perchè quello che ci tramandano queste pietre – spesso sbiadite, dilavate dalle intemperie -, sono valori di libertà, di resistenza, di riscatto, di coesione sociale e di accoglienza. Valori importanti che identificano una città e soprattutto i suoi cittadini.

Paola Andreoni 

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