Massimo Gramellini:Denis e Lula hoop

 di Massimo Gramellini per La Stampa 18 marzo 2016. A dispetto dei gufi, con baffetti e no, ormai Renzi si colloca molto più a sinistra della sinistra sudamericana. Infatti, mentre in Brasile la compagna Dilma Rousseff è arrivata a nominare Lula ministro pur di evitargli l’arresto, in Italia nessuno pensa ancora di offrire un posto di governo al Verdini condannato a due anni per corruzione. Ci si limita a tenerlo dentro la maggioranza: a portata di mano, pulita o sporca che sia.
Da una parte all’altra dell’oceano, il messaggio che la politica e i partiti cosiddetti progressisti mandano ai cittadini è: chi se ne infischia se un nostro sodale è nei guai con la giustizia, basta che ci sia utile o che lo si debba ricompensare per qualche servigio. La politica è un cinico gioco di potere da molto prima di «House of Cards» e anche di Machiavelli, che ne mise per iscritto la teoria. Rimane il problema di farla convivere con un simulacro di democrazia, che presuppone la partecipazione al gioco da parte dei cittadini. I quali ogni tanto vorrebbero illudersi che la posta in palio siano gli slanci ideali e gli interessi concreti delle persone. Invece la politica si presenta al giudizio degli elettori nella sua nudità, intessuta di bramosie e convenienze completamente sganciate da qualsiasi obiettivo che non sia la conquista o la conservazione del potere. Esimi politologi ci spiegano con un sorriso di degnazione che non può essere che così. Allora la smettano di stupirsi se le urne si svuotano. E se il mantra degli astenuti non è più «non mi interessa», ma «mi disgusta».

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Massimo Gramellini: colpa dei Prof

La Stampa il Buongiorno• 5-novembre-2015 di Massimo Gramellini. Colpa dei Prof

Durante le lezioni i ragazzini di una media di San Francesco al Campo, nel Torinese, riprendono gli insegnanti con il telefonino (il cui uso in classe è severamente proibito, dunque tacitamente tollerato) per poi metterli alla berlina sui social. I prof si lamentano e ventidue teleoperatori in erba finiscono sospesi da scuola.
Molti genitori insorgono. Per sgridare la spregiudicata prole? Giammai. Deprecano la rigidità degli insegnanti: perché prendersela per una ragazzata che alla peggio finirà sotto gli occhi di qualche milione di persone?
Con l’assoluzione urbi et orbi, soprattutto orbi, dall’abuso di Instagram e Facebook, si restringe sempre più la sfera dei comportamenti scolastici attribuibili ai figli. Se tirano uno schiaffo al prof, la colpa è del prof che non ha saputo incutere nella scolaresca il dovuto rispetto.
Se gli rubano il registro, la colpa è del prof che lo ha lasciato in vista: una sorta di istigazione a delinquere. Ma anche se gli mettono una mano di vernice sulla sedia e lui/lei ci spalma i pantaloni o la gonna sopra, la colpa è del prof che non ha controllato prima di sedersi.
E se gli fratturano il malleolo con una mazza da baseball? Che domande: la colpa è del prof, anzi della scuola intera, che ha permesso a un oggetto contundente di circolare indisturbato per i corridoi. Se poi un angioletto di mamma e papà prende due in tutte le materie, la colpa è ovviamente e unicamente del prof che non ha saputo stimolare l’ allievo e interessarlo alle lezioni. In realtà ci sarebbe una colpa che non si può dare ai figli (e tantomeno al prof): di avere dei genitori così.

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Purtroppo tutto tristemente vero e un fatto analogo è accaduto anche in una nostra scuola. E’  fondamentale che da tutte le  parti ( compresi i genitori)  siano biasimati certi comportamenti: il rispetto delle regole. Ne abbiamo bisogno noi insegnanti, ma ne ha bisogno soprattutto la nostra società.
Paola
cellulari a scuola

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Massimo Gramellini: La buona EDUCAZIONE

La Stampa il Buongiorno• 6-ottobre-2015 di Massimo Gramellini. La Buona Educazione

La mattina del primo ottobre il professor Tommaso Bertelli, preside dell’istituto «Pralormo» di Empoli, ha scritto una circolare in cui invita i suoi 1675 studenti a salutare. Buongiorno, salve, ciao: quei lubrificanti esistenziali che per strada o in ufficio sono rimasti in pochi a maneggiare, e quei pochi guardati con sospetto, come se dietro la formula di cortesia si nascondesse un secondo fine indicibile o un’invasione della privacy.
La notizia mi ha sconvolto per vari motivi. Intanto per il numero degli studenti. Ho fatto ancora in tempo a crescere in scuole dove il preside regnava su una bottega di allievi che tutti conosceva e di cui conosceva tutto, non ancora su un’azienda di medie dimensioni. E poi perché pare che il suo sermoncino abbia funzionato. Che i ragazzi abbiano cominciato a salutare chiunque capitasse a tiro: i compagni, i bidelli, persino i professori. E che il loro umore ne abbia tratto giovamento. Quindi non è che prima non volevano farlo. È che proprio non sapevano che si potesse fare. C’è voluta una circolare per informarli dell’esistenza di questa strana pratica che sta alla base della convivenza tra esseri umani mediamente evoluti. Qualcuno di loro ne aveva sentito parlare di sfuggita, in casi eccezionali addirittura in famiglia, di sicuro mai alla televisione. Ma l’avrà associata a un’ammissione di debolezza o a una sdolcinatura, rimuovendola immediatamente. Finché un giorno, grazie a una circolare del preside, ha scoperto che la buona educazione non è buona perché melensa. È buona perché fa bene.

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Il proprietario di un bar a Napoli ha esposto questo cartello.  Il genio tutto italiano.
Paola
Educazione 2

 

Massimo Gramellini: STAI BENE ?

La Stampa il Buongiorno• 08-agosto-2015 di Massimo Gramellini. Come Stai ?

Cosa farei se vedessi un uomo sul cornicione di un ponte con i piedi pronti al grande balzo? Jamie Harrington, dublinese di sedici anni, è salito sul ponte, si è seduto accanto all’aspirante suicida e gli ha gettato al collo solamente due parole: «Stai bene?». Per tutta risposta l’uomo si è messo a piangere. In tre quarti d’ora di monologo ha concentrato le miserie di una vita.

La sensazione di essere invisibile, inutile, inadeguato. Jamie gli ha lasciato finire il racconto e poi ha detto: «Stanotte non riuscirei a dormire se ti sapessi in giro da solo per la città. Chiamerò un’ambulanza perché ti porti in ospedale». L’uomo alla deriva si è lasciato trarre in salvo: più per non deludere il nuovo amico che per altro. Si sono scambiati i numeri di telefono. A tre mesi da quella notte lo smartphone di Jamie ha suonato e lui ha subito riconosciuto la voce: «Stai bene? Sono state quelle due parole a salvarmi». «Com’è possibile che ti siano bastate due parole?», gli ha chiesto Jamie. «Immagina se per tutta la vita non te le avesse rivolte mai nessuno».

Stai bene. Nel comunicare col prossimo, persino con le persone amate, si preferisce usarne altre più intrusive. «Come è andata?», «Con chi sei stato?». E quando si chiede a qualcuno come sta è solo per recitare una formula di cortesia che spesso non prevede di prestare attenzione alla risposta. Eppure, se pronunciate a cuore aperto, quelle due parole pare facciano miracoli. L’uomo che voleva togliersi la vita ne ha appena creata una nuova, con la collaborazione decisiva di sua moglie. Dice che aspettano un maschio e che lo chiameranno Jamie.

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Buon FERRAGOSTO  a tutti gli JAMIE  e a tutte le persone di questo mondo che pensano di essere alla deriva
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Paola
come stai

 

Massimo Gramellini: BERGOGLIO e pregiudizio

La Stampa il Buongiorno• 18-giugno-2015 di Massimo Gramellini. Bergoglio e pregiudizio

Gli eventi sono talmente enormi che anche la soluzione migliore sembra minuscola. Figurarsi quelle meschine, spesso grottesche. Salvini polemizza col Papa sui migranti e già trovare quei due dentro lo stesso titolo infonde un senso surreale di straniamento: come abbinare Einstein al Mago Oronzo. Ma è un po’ tutto il meccanismo della comunicazione a essere uscito dai gangheri. Nella sua invettiva contro Roma zozzona, l’untorello Beppe Grillo – ormai la vera zavorra del suo movimento – cita i clandestini accanto ai topi e alla spazzatura tra i possibili portatori di epidemie. Nemmeno i sudisti di «Via col vento» osavano parlare così degli schiavi che affollavano le loro piantagioni di cotone. E il governo ungherese? Per anni ha chiesto a gran voce il proprio ingresso in Europa. Ma ora che lo ha ottenuto decide di alzare un muro lungo il confine con la Serbia per impedire agli altri di entrare. Minacce di peste, fortezze assediate: uno scenario da Medioevo moderno, immortalato dalle immagini dei profughi aggrappati agli scogli della Costa Azzurra come gabbiani stanchi, con il mare intorno e gli yacht dei ricchi sullo sfondo.

«Prendili tu a casa tua». Oppure: «Vadano a stare in Vaticano». I mantra della banalità salvinista si rincorrono sul web e seducono gli animi spaventati dall’inesorabilità del cambiamento, vellicandone gli impulsi più bassi. O noi o loro. Che muoiano pure di fame e malattie, possibilmente lontano dagli obiettivi dei fotografi, per evitare rigurgiti di coscienza e consentirci di partecipare alla prossima Messa in santa pace.

lineaVorrei aggiungere che anche in Osimo qualcuno si diverte, il giovedì al mercato, a distribuire volantini  con questo tenore: ” Andreoni, perchè non li porti a casa tua, questi profughi? “. E’  una domanda stupida, che non merita risposta. E’ una domanda che  serve solo a chi la fa per sentirsi di avere detto una cosa furba e con l’unico obiettivo di gettare discredito,  senza avere nessuna intenzione di affrontare la questione dell’immigrazione.
Chi distribuisce questi volantini con  queste stupide domande, alla Salvini, non vuole risposte. È solo in malafede e trova  in questa stupida azione  l’unico modo per assolversi dalla propria indifferenza o egoismo:  è inutile rispondere a chi è in malafede.
Paola
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Massimo Gramellini: nel nome del figlio

La Stampa il Buongiorno

di Massimo GRAMELLINI Durante il secondo tempo di una partita del campionato Giovanissimi, il padre di uno dei ragazzini in campo scavalca la rete di recinzione e prende a ceffoni l’arbitro diciassettenne, mandandolo all’ospedale. Non è questa la notizia, anzi fino a qui saremmo nella tragica normalità. Quella dei genitori che considerano i figli un prolungamento del proprio ego e si ergono a difensori del buon nome della casata contro qualunque autorità costituita – insegnante, vigile, arbitro – osi lederne il prestigio con decisioni inopinate: un votaccio, una multa, un rigore non dato. Ma stavolta affiora una variabile imprevista: di fronte al padre che ha appena picchiato un adolescente in suo nome, il calciatore ragazzino scoppia in lacrime, si avvicina alla barella su cui giace l’arbitro e gli chiede scusa. Con una certa goduria provo a immaginare la scena: il padre manesco, impavido risanatore di torti, cerca lo sguardo del figlio per catturare i segnali della riconoscenza e dell’ammirazione, e invece in quegli occhi gonfi di pianto trova soltanto la ribellione che nasce dall’imbarazzo e dal disprezzo.

pic_lasciateci giocareDicono che, nel bene e nel male, siamo come ci hanno fatto i nostri genitori, poi però la vita consegna queste storie di speranza. I cattivi esempi che si respirano in casa possono essere ribaltati da altri ambienti: la scuola, la squadra, la compagnia e, soprattutto, se stessi. Si nasce con il rispetto per gli altri già incorporato: il segreto sta nel non dimenticarsene quando si cresce.

Massimo Gramellini: Chi è Stato?

La Stampa il Buongiorno• 02-Nov-14 di Massimo Gramellini. Nessun colpevole. Tutti assolti. Recita il ritornello: le sentenze si rispettano. Però non possono diventare lotterie, come accade quando sugli stessi fatti il giudizio d’appello smentisce, ribaltandolo, il processo precedente. Per l’accusa Stefano Cucchi è morto in carcere di botte e di stenti. Per il primo giudice «soltanto» di fame e di sete. Per la corte d’assise neanche di quello. Ne dovremmo dedurre che sia ancora vivo. O che si sia ammazzato da solo. E infatti è questa la versione che ci vogliono apparecchiare: Cucchi si sarebbe lasciato morire di inedia. Se medici e infermieri hanno una colpa, è di non avere insistito con la forza per nutrirlo.
Una «responsabilità morale» ammette persino Giovanardi. E le fratture? E gli occhi pesti? E il corpo preso in consegna vivo dallo Stato e restituito cadavere alla famiglia? Una famiglia che ha sempre rispettato e aiutato le istituzioni, al punto di fornire prove a carico del figlio sul possesso di droga. Toccherà alla Cassazione mettere il timbro su questa storia allucinante, dove il latinorum dei giudici è contraddetto dalla potenza persuasiva delle foto. Purtroppo abbiamo fin d’ora una certezza: che quando una delle due sentenze risulterà sbagliata, nessun magistrato pagherà per il suo errore.
P.S. Solidarietà ai poliziotti e agli agenti penitenziari che accettano di farsi odiare dal prossimo per 1200 euro al mese. Ma il portavoce di un loro sindacato che – di fronte alla morte impunita di un uomo – dichiara: «Se uno ha disprezzo per la propria condizione di salute e conduce una vita dissoluta, ne paghi le conseguenze», dovrebbe fare soltanto una cosa. Vergognarsi.

lineaVorrei aggiungere che in uno Stato di Diritto, come il nostro,  i Giudici non possono emettere sentenze di condanna verso gli imputati se non ne vengono provate le colpevolezze  che confermino i reati di imputazione,  tuttavia  la magistratura inquirente non può chiudere il caso, deve dire ai familiari e a tutto il Paese: cosa è successo e come è morto Stefano? Di sicuro, non si è ucciso da solo.
Paola
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Non conoscono decenza: Buongiorno di Massimo Gramellini).

Ecco chi sono i  ” nostri  alleati ” di Governo a cui il Capo di Governo PD  si preoccupa di dare contentini.

giornale La Stampa BuongiornoNon conoscono decenza  da “Il Buongiorno della Stampa ” di Massimo Gramellini, La Stampa del 24/09/2014

Due senatrici e altrettanti senatori del partito senza elettori di Anonimo Alfano hanno presentato un ordine del giorno che per la sua sfacciataggine meriterebbe di essere promosso a ordine del secolo. Con una prosa strepitosamente democristiana, la banda dei quattro chiede di «valutare l’opportunità di consentire, in via eccezionale e straordinaria, con una norma di natura transitoria la possibilità…» vabbè, tagliamo corto: vogliono il vitalizio anche in caso di scioglimento anticipato della legislatura. Il Razzi di Crozza (ma persino quello vero) al confronto è un apprendista. Dopo lo smascheramento della furbata a opera dei Cinquestelle, il coordinatore del Ncd (Non conoscono decenza) è stato costretto a cascare dal pero e a ritirarla, con l’aria offesa di chi non ne sapeva niente.

Si tratta del professor Quagliariello, uno dei «saggi» di questa Repubblica di sventati. Pare sia rimasto basito davanti a una simile esibizione di sfrontatezza, così lontana dalle abitudini parche e riservate degli alfanoidi. Deve essergli sfuggito che alla Regione Lombardia un solo partito non ha votato l’abolizione dei vitalizi ai consiglieri: il suo.

Ma torniamo al quartetto delle meraviglie – Esposito, Langella, Chiavaroli e Bianconi – due uomini e due donne, perché anche la faccia tosta ha diritto alle quote rosa. In fondo si battono per il benessere e l’avvenire dei loro seguaci: se stessi. Perché trovare qualcun altro che li voti, la prossima volta, sarà dura.

Massimo Gramellini: Il ministro che non c’è

La Stampa il BuongiornoMa l’Italia ce l’ha un ministro dell’Interno?, si chiede Antonio Barone nel suo blog sull’Huffington Post. A scandalizzarlo, a scandalizzarci, è il silenzio di Alfano intorno al rogo di Cocò, il bambino di tre anni ucciso e bruciato dalla ’ndrangheta. Quel gesto disumano, che ha cancellato definitivamente l’epica dei cosiddetti «uomini d’onore», scosso le coscienze e ispirato parole infuocate a Claudio Magris, è planato sulle spalle larghe del ministro senza lasciare traccia. In cinque giorni neppure una dichiarazione o un gesto che dessero la sensazione di uno Stato presente e, se non responsabile, almeno consapevole. Evidentemente Alfano considera ordinaria amministrazione che sul territorio italiano si consumino non solo i rapimenti dei familiari di un oppositore kazako, ma anche le mattanze infantili.
La storia di Cocò è ancora più complessa e avvilente per le strutture dello Stato: c’è di mezzo una mamma in galera con cui il piccolo ha convissuto dietro le sbarre, prima di essere affidato da una decisione demenziale al nonno pregiudicato. Ma neanche su questo Alfano ha trovato il tempo di dire qualcosa. Comprendiamo che i tormenti della legge elettorale ingombrino una parte imponente della sua pur vasta intelligenza. E siamo certi che abbia presieduto vertici su vertici per mettere nel sacco gli assassini di Cocò. Ma la politica è comunicazione. Un ministro che parla di listini bloccati e non di un fatto di sangue che ha sconvolto il mondo intero farebbe meglio a presentare le dimissioni. Pubblicamente, però. Altrimenti non se ne accorgerebbe nessuno.

Crimi e misfatti

giornale La StampaBUONGIORNO di Massimo Gramellini
Una battuta da terza elementare del cittadino Vito Crimi sulla tenuta intestinale e prostatica del Cavaliere, digitata con ilari polpastrelli sul telefonino durante i lavori della Giunta impegnata a sancirne la decadenza da senatore, ha offerto il destro a don Schifani per chiedere (invano) il rinvio della votazione. Se applicassimo agli strateghi Cinquestelle la dietrologia che essi riservano al resto del mondo, dovremmo dedurre che Crimi l’abbia fatto apposta. Qualora al voto della Giunta seguisse quello dell’aula, sarebbe più difficile per Grillo continuare a predicare l’omogeneità fra Pidielle e Pidimenoelle. Qualsiasi mossa di disturbo, anche la più becera (Berlusconi, alla prostata, ha avuto un cancro), può dunque servire a ritardare quel passaggio politico fondamentale.
Poiché la dietrologia è meglio lasciarla dentro i romanzi di Dan Brown, per la regressione infantile di Crimi si è propensi a cercare una spiegazione scientifica. Qualche virus di origine misteriosa aleggerebbe nei saloni del potere, attaccandosi alle pareti vellutate, da dove rilascerebbe i suoi miasmi ottundenti. Un libero cittadino piomba a Palazzo sulle ali dell’indignazione popolare, armato soltanto di sacro fuoco civile, e dopo qualche mese lo si può ritrovare intento a scrivere di peti e pannoloni. Ma alcuni crimologi, che da mesi ne studiano la non complessa personalità, avanzano l’ipotesi che stavolta il virus c’entri poco e Crimi abbia fatto tutto da solo.

Il Paese senza Scilipoten di Massimo Gramellini

giornale La Stampadi Massimo Gramellini, 24/09/2013 il Buongiorno da la Stampa. Viste da qui, le elezioni tedesche sono state un fenomeno paranormale. Alle sei le urne erano chiuse, alle sei e un quarto si sapeva già chi aveva vinto, alle sei e mezza Merkel si concedeva un colpo di vita e stiracchiava le labbra in un sorriso, alle sette meno un quarto il suo rivale socialdemocratico riconosceva la sconfitta e alle sette tutti andavano a cena perché si era fatta una cert’ora.

Qualsiasi paragone con le drammatiche veglie elettorali di casa nostra – gli exit poll bugiardi, le famigerate «forchette», le dirette televisive spalancate sul nulla, le vittorie contestate o millantate e la cronica, desolante assenza di sconfitti – sarebbe persino crudele.

La diversità germanica rifulge ancora di più il giorno dopo. Pur stravincendo, Merkel ha mancato la maggioranza assoluta per una manciata di seggi. Eppure non invoca premi di maggioranza o altre manipolazioni del responso elettorale e si prepara serenamente ad aprire le porte del potere a uno dei partiti perdenti: socialdemocratici o Verdi. I cittadini tedeschi, di destra e di sinistra, paiono accogliere questa eventualità senza emozioni particolari. Nessun giornalista «moderato» grida al golpe. Nessun intellettuale «progressista» raccoglie firme per intimare ai propri rappresentanti di non scendere a patti con il nemico. Nessun Scilipoten eletto con l’opposizione si accinge a fondare un partito lillipuziano per balzare in soccorso della vincitrice. Né alla Merkel passa per l’anticamera del cervello e il risvolto del portafogli di trasformare il Parlamento in un mercato, agevolando il passaggio nelle proprie file dei pochi deputati che le basterebbero per governare da sola.

Nelle prossime settimane, con la dovuta calma, i due schieramenti si incontreranno. Ci sarà una discussione serrata sulle «cose» e si troverà un compromesso nell’interesse del Paese. Nel frattempo il capo sconfitto della Spd avrà già cambiato mestiere, anziché rimanere nei paraggi per fare lo sgambetto al suo successore. E alla scadenza regolare della legislatura si tornerà al voto su fronti contrapposti (e con due ottime candidate donne, probabilmente: la democristiana Ursula von der Leyen e la socialdemocratica Hannelore Kraft).

La saggezza popolare sostiene che i tedeschi amano gli italiani ma non li stimano, mentre gli italiani stimano i tedeschi ma non li amano. Ci deve essere del vero. Ma ieri, oltre a stimarli, li abbiamo invidiati un po’. Qualcuno dirà: troppo facile, loro possono coalizzarsi in santa pace perché nel principale partito del centrodestra hanno una Merkel, mica un Berlusconi, e in quello del centrosinistra gli ex comunisti sono spariti da un pezzo, a differenza dei presunti smacchiatori di giaguari. Anche in questa obiezione c’è del vero. Infatti è sbagliato dire che li invidiamo un po’. Li invidiamo tantissimo”.

Da La Stampa del 24/09/2013.

Lavorare troppo, lavorare pochi di Gramellini

Posto il buongiorno di Gramellini di ieri 21 agosto, perché  fa riflettere sullo scopo della Politica.

giornale La Stampa BuongiornoIl Buongiorno di Gramellini ( 21 agosto 2013 La Stampa ):
“Un mondo equilibrato è forse impossibile, ma di sicuro quello che avanza dietro le gloriose insegne del progresso globale assomiglia a una giostra manovrata da un ubriaco. A Londra un ragazzo tedesco appena scampato all’età dei brufoli, Moritz Erhardt, è morto nella doccia di un dormitorio dopo avere lavorato alla City dalle 9 del mattino alle 6 di quello successivo: ventuno ore consecutive per tre giorni di fila, cibandosi esclusivamente di caffè. A vent’anni si sopravvive a strapazzi anche peggiori, quindi è probabile che Moritz fosse predisposto (soffriva di epilessia), ma la sua fine ha acceso i riflettori su una realtà: mentre la maggioranza dei giovani non trova lavoro, quelli che riescono a ottenere un posto qualificato sono sottoposti a ritmi da spremiagrumi. Un tirocinante della City lavora in media 14 ore al giorno e guadagna l’equivalente di 3000 euro, tantissimi ovunque ma non a Londra, dove l’affitto di un monolocale ne costa 1800: e infatti Moritz dormiva in un ostello.

Questa contraddizione stridente tra i pochi che lavorano troppo e i troppi che lavorano poco, o addirittura mai, sembrerebbe il frutto di un sistema senza governo. Nella storia umana, che è una storia di schiavi spesso inconsapevoli di esserlo, è sempre andata così, se si esclude un breve intervallo – dal secondo Dopoguerra agli Anni Settanta del secolo scorso – quando almeno in Occidente si riuscì a distribuire lavoro e ricchezza, e a creare il ceto medio. Ma l’intervallo è finito e la giostra dell’ubriaco ha ripreso a girare anche qui. Solo la politica avrebbe le chiavi per fermarla, ma le ha perse. Forse se l’è vendute”.

da La Stampa del 21/08/2013.

( Cezanne, il bevitore )

( Cezanne, il bevitore )

Quanto scritto da Gramellini  fa riflettere.
Lo scopo della politica, per un partito progressista non può  essere quello  di prendere atto della realtà e di conservala così come è, magari con qualche piccolo ritocco funzionale, o pensare che  il mondo possa avanzare senza regole precise soprattutto in economia. ( questi  sono concetti della destra).
Un partito progressista ha il compito  di  interrompere la storia degli schiavi e distribuire con equità e giustizia  lavoro e ricchezza. Deve essere questo lo scopo di una politica  “di sinistra”, una politica di cambiamento.

Cinque stelle extra-luxe

GramelliniBuongiorno di Massimo Gramellini. la Stampa 6 marzo 2013. L’autopresentazione dei parlamentari di Grillo in diretta tv da un albergo della Capitale («Ciao, sono Diego, in quanto sommelier mi vorrei occupare di agricoltura») ha dissolto in un istante decenni di polverosa comunicazione politica. Siamo in grado di anticiparvi l’intervento degli eletti della lista Monti che si raduneranno oggi a Roma in un esclusivo monolocale del centro. «Ciao, sono Filippo Maria Ondeggioni Guerreschi, uno come tanti. In quanto proprietario di due aerei privati, vorrei entrare nella commissione Trasporti».
«Ciao a tutti, sono la contessa Serbelloni Mazzanti Vien dal Mare: avendo tre cameriere peruviane e un personal trainer russo, mi piacerebbe occuparmi di politica estera». «Salve, mi chiamo Giangi Anfuso Lambertenghi, sono appassionato di ecologia e andrò alla Camera con la bicicletta guidata dal mio autista». «Ciao ragazzi, sono Fiordalisa Filippini in Gaumont in Sauroni in Rottweiler in Beauchamp in Opale: felicemente sposata cinque volte e divorziata quattro ancora più felicemente, mi interessano molto i temi della famiglia». «Salve, sono Marco Maniscalchi Ferreris d’Argonauta: figlio dell’ambasciatore Maniscalchi, nipote del cardinale Ferreris e figlioccio del professor d’Argonauta: vorrei occuparmi di pari opportunità».
«Ciao, sono Luigia Tonnarelli Guitti: non ho mai lavorato un giorno in vita mia, sarà per questo che mi incuriosisce il Welfare». «Salve, sono Gianfranco Fini, disoccupato, mi piacciono le immersioni, ma vorrei tornare a galla. A qualcuno serve un sommelier?».

Il bambino e il congiuntivo

 di Massimo Gramellini per La Stampa 20 aprile 2012. Ci dobbiamo occupare ancora una volta di una brutta storia. T., bambino di nove anni iscritto alla scuola elementare «Don Orione» di Milano, va matto per i congiuntivi e i compagni di classe lo isolano dal gruppo, riempiendo la lavagna di battutacce contro di lui. Quando ho letto la notizia nel blog di Flavia Amabile sul sito, ho trattenuto a stento la mia indignazione. Un bambino che ama i congiuntivi! Quanto imbarazzo, quanta vergogna. Quale futuro potrà mai avere un bimbo che, cito ancora dal blog, «è affascinato dalle parole, ne chiede il significato e poi le usa a proposito»?

Se per disgrazia il problema dovesse protrarsi fino all’età adulta, gli sarebbero precluse moltissime attività, a cominciare da quella politica. Avrebbe serie difficoltà anche in televisione e nei giornali. Il congiuntivo non è solo una brutta malattia degli occhi, ma un modo sbagliato di affrontare la vita. Se incominci a parlare bene, poi desideri pensare bene. E magari – orrore – agire bene. Funziona così, purtroppo. Per fortuna i compagni del piccolo mostro stanno cercando di riportarlo sulla retta via con un sistema quasi infallibile: la legge del branco, che tutti conforma e appiattisce al livello più basso e rassicurante. Pare però che il diavoletto cocciuto persista nell’errore. Di questo passo imparerà a memoria i primi dodici articoli della Costituzione e allora per rieducarlo non basteranno più nemmeno i compagni: bisognerà chiamare direttamente il Trota.

Hanno preso in giro gli italiani, altro che buon esempio: Ministri e sottosegretari si tagliano i tagli

Nel consueto “Buongiorno”, Massimo Gramellini de “La Stampa” commenta la decisione di tagliare i tagli a ministri e sottosegretari.


Ministri e sottosegretari si tagliano i tagli di Massimo Gramellini . Il ministero dell’Economia, sempre così lento quando si tratta di trovare fondi per lo sviluppo, ha deliberato con lestezza da furetto che il taglio degli stipendi si applica a tutti i dirigenti pubblici tranne che a ministri e sottosegretari. Non solo a lorsignori non verrà più trattenuto neppure un euro, ma con la busta paga di novembre si vedranno restituire con tante scuse le decurtazioni dei mesi scorsi.
Da tempo attendiamo dalla Casta un segnale di rinsavimento, un gesto minimo di coerenza che inauguri qualche cambio d’abitudini. Per far digerire i sacrifici di Ferragosto ci avevano promesso la riduzione dei parlamentari, l’abolizione delle Province e altre prelibatezze. Ma che fine ha riservato l’autunno alle parole fiorite davanti ai microfoni estivi? La riduzione dei parlamentari è appassita all’interno dell’ennesimo progetto di riforma universale delle istituzioni, il Calderolone, che come tutti i suoi predecessori non verrà mai approvato.
L’ abolizione di alcune Province, già annunciata in pompa magna dal governo, è attualmente stipata nell’ultimo ripiano del freezer, in attesa che qualcuno si ricordi di scongelarla, ma vedrete che resterà lì. E il ridimensionamento delle retribuzioni? Per essere sicuri che non si facesse, è stata istituita una commissione apposita che avrebbe dovuto decidere entro il 31 dicembre, se non fosse già nata con la deroga incorporata: fino al 31 marzo, quando si andrà a votare oppure si ricomincerà a prorogare. Ah, ma almeno per i vitalizi nessuna pietà. A-bo-li-ti. Dalla prossima legislatura, naturalmente. E solo dopo la creazione di un nuovo sistema previdenziale. Chi lo indicherà? Ma una commissione. Prorogabile. Prorogabilissima.
Il sondaggio mostrato l’altra sera a Ballarò da Pagnoncelli era piuttosto sconvolgente: il 61% dei cittadini italiani ritiene seriamente che l’intervento prioritario contro la crisi non sia la detassazione del lavoro, la patrimoniale o un piano robusto di lavori pubblici, ma la riduzione del numero dei parlamentari. Con il collega Carlo Bertini, nostro esperto in Casta e dintorni, abbiamo fatto i conti della serva. Gli stipendi e i rimborsi spese di senatori e deputati ci costano 200 milioni di euro l’anno. Dimezzandoli ne risparmieremmo 100. Una benedizione, ma pur sempre una goccia nell’oceano del debito pubblico, ormai prossimo alla soglia psicologica dei duemila miliardi.
Eppure, nell’esprimere la loro opinione economicamente assurda, gli italiani non sono stati affatto stupidi o qualunquisti. Hanno mandato un messaggio politico. Dai loro rappresentanti pretendono qualcosa di cui sentono d’avere terribilmente bisogno: il buon esempio. Provate a immaginare se domattina i leader di destra e di sinistra, smettendo per un giorno di delegittimarsi a vicenda, si presentassero insieme in conferenza stampa per annunciare la volontà di lavorare gratis fino al termine della legislatura. Sarebbe un gesto populista? Può darsi. Ma li renderebbe più autorevoli nel momento in cui si accingessero a chiedere sforzi ulteriori ai contribuenti. Durante la tempesta i capitani che vogliono essere obbediti non si barricano nei propri appartamenti con le scorte di caviale, ma stanno in mezzo alla ciurma condividendone i rischi e i disagi.
Qualcuno mi ha suggerito di scrivere questo stesso articolo tutti i giorni, «finché non si arrendono», ma temo che i lettori si stuferebbero molto prima degli onorevoli. La Casta è totalmente sganciata dal mondo reale. Altrimenti si sarebbe accorta che nel disprezzo che gli italiani manifestano per i suoi stipendi si cela un giudizio più profondo: il disprezzo per l’inutilità del suo lavoro e per l’incompetenza di una parte consistente dei suoi esponenti. Il problema vero non è che guadagnano troppo. E’ che fanno ben poco per meritarsi quel che guadagnano.
Rusconi e Galli della Loggia hanno scritto che l’unica via di uscita dalla sterilità dell’indignazione è il ritorno alla politica. Non però alla delega politica. Se intende sopravvivere, la democrazia non potrà più esaurirsi in una crocetta da apporre su una scheda ogni cinque anni. Quel 61% che considera i politici la rovina del nostro Paese trovi qualche ora del proprio tempo da dedicare alla comunità. Solo ripartendo dal basso si potrà selezionare una classe dirigente nuova, alla quale auguro di guadagnare tantissimo, ma soltanto sulla base dei risultati.