2 agosto 1980 la strage di Bologna: il dolore di una città e di un Paese.

2 AGOSTO 2017

A 37 ANNI DALLA STRAGE FASCISTA

ALLA STAZIONE di BOLOGNA

NON DIMENTICHIAMO!

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Una bruttissima pagina della nostra storia che ancor oggi non ha trovato VERITA’
Non ho parole, siamo di fronte all’impresa più criminale che sia avvenuta in Italia” così si esprimeva, in lacrime, il presidente Sandro Pertini nel pomeriggio del 2 agosto di 37 anni fa.


Credo che il sentimento di oggi non sia differente: il dolore di una città, di un Paese e la  nostra voglia di verità.
Mercoledì 2 agosto 2017  a Bologna – come si ripete  tutti gli anni – tre fischi di un locomotore e un minuto di silenzio alle ore 10,25 ci ricorderanno quanto avvenne quel drammatico 2 agosto 1980  che provocò 85 morti e oltre 200 feriti.
Ottantacinque storie a cui, quest’anno a Bologna dei volontari daranno voce e memoria. Dodici ore dalle dieci del mattino alle dodici di sera nella giornata del 2 agosto delle guide condurranno i cittadini all’incontro con 85 narratori che daranno voce e memoria alle vittime della strage. Si tratta di un progetto promosso dall’Associazione  dei familiari delle vittime ( https://www.facebook.com/cantiere2agosto/ ).
Paola

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Ottantacinque storie, nomi e vite da restituire, il muratore e la studentessa, il bambino che non ha mai cominciato la prima elementare e l’insegnante di lettere….. queste le vittime innocenti di una impresa criminale consumata la mattina di un sabato di agosto, che per molti doveva essere un sereno giorno di vacanza, di inizio ferie.

Angela Marino – 23 anni
Angela lavorava nello studio di un dentista ad Altofonte in provincia di Palermo ed aveva sette fratelli. Il due agosto era arrivata a Bologna con la sorella Domenica: in stazione ad aspettarle c’erano il fratello Leo Luca e la sua fidanzata Antonella Ceci. I quattro sarebbero partiti per un breve periodo di vacanza a Ravenna, città di provenienza di Antonella dove Leo Luca risiedeva. Il treno su cui dovevano salire era stato posticipato alle 11 e per questo si trovavano in stazione al momento dello scoppio. Angela, Antonella, Domenica e Leo Luca furono ritrovati morti sotto le macerie.

Domenica Marino – 26 anni
Domenica lavorava come collaboratrice famigliare ad Altofonte in provincia di Palermo ed aveva sette fratelli. Il due agosto era arrivata a Bologna con la sorella Angela: in stazione ad aspettarle c’erano il fratello Leo Luca e la sua fidanzata Antonella Ceci. I quattro sarebbero partiti per un breve periodo di vacanza a Ravenna, città di provenienza di Antonella dove Leo Luca risiedeva. Il treno su cui dovevano salire era stato posticipato alle 11 e per questo si trovavano in stazione al momento dello scoppio. Domenica, Angela, Antonella e Leo Luca furono ritrovati morti sotto le macerie.

Leo Luca Marino – 24 anni
Leo Luca, originario di Altofonte in provincia di Palermo, proveniva da una famiglia formata dai genitori e da otto figli. Dal 1975 viveva a Ravenna dove lavorava come muratore e dove aveva conosciuto Antonella Ceci che divenne la sua fidanzata. Il due agosto i due ragazzi erano in stazione per attendere Angela e Domenica, le sorelle di Leo Luca con le quali sarebbero tornati a Ravenna per un breve periodo di vacanza. Il treno su cui dovevano salire era stato posticipato alle 11 e per questo si trovavano in stazione al momento dello scoppio. Leo Luca, Angela, Antonella e Domenica furono ritrovati morti sotto le macerie.

Antonella Ceci – 19 anni
Antonella era di Ravenna, aveva conseguito il diploma di maturità chimico- tecnica con il massimo dei voti e avrebbe dovuto cominciare a lavorare presso uno zuccherificio. Il due agosto era in stazione con il fidanzato Leo Luca Marino ad accogliere le sorelle di lui giunte dalla Sicilia per conoscerla. Sarebbero tornati tutti assieme a Ravenna per un breve periodo di vacanza, ma il treno su cui dovevano salire era stato posticipato alle 11 e per questo si trovavano in stazione al momento dello scoppio. Antonella, Angela, Domenica e Leo Luca furono ritrovati morti sotto le macerie.

Anna Maria Bosio in Mauri – 28 anni
Anna Maria era una maestra e viveva con il marito Carlo e il figlio Luca a Tavernola, una frazione di Como. Venerdì primo agosto erano partiti verso Marina di Mandria, in provincia di Taranto per trascorrervi le vacanze. Giunti nei pressi di Bologna ebbero un incidente automobilistico: illesi ma l’auto si guastò. Per questo venne lasciata da un meccanico a Casalecchio di Reno, nei pressi di Bologna, e la famiglia Mauri decise di prendere il treno per raggiungere Brindisi e poi la località di villeggiatura. Il due agosto arrivarono in stazione poco prima dell’esplosione che li uccise.

Carlo Mauri – 32 anni
Carlo era un perito meccanico e viveva con la moglie Anna Maria e il figlio Luca a Tavernola, una frazione di Como. Venerdì primo agosto erano partiti verso Marina di Mandria, in provincia di Taranto per trascorrervi le vacanze. Giunti nei pressi di Bologna ebbero un incidente automobilistico: illesi ma l’auto si guastò. Per questo venne lasciata da un meccanico a Casalecchio di Reno, nei pressi di Bologna, e la famiglia Mauri decise di prendere il treno per raggiungere Brindisi e poi la località di villeggiatura. Il due agosto arrivarono in stazione poco prima dell’esplosione che li uccise.

Luca Mauri – 6 anni
Luca avrebbe frequentato la prima elementare all’inizio dell’anno scolastico e viveva con la mamma Anna Maria e il papà Carlo a Tavernola una frazione di Como. Venerdì primo agosto erano partiti verso Marina di Mandria, in provincia di Taranto per trascorrervi le vacanze. Giunti nei pressi di Bologna ebbero un incidente automobilistico: illesi ma l’auto si guastò. Per questo venne lasciata da un meccanico a Casalecchio di Reno, nei pressi di Bologna, e la famiglia Mauri decise di prendere il treno per raggiungere Brindisi e poi la località di villeggiatura. Il due agosto arrivarono in stazione poco prima dell’esplosione che li uccise.

Cesare Francesco Diomede Fresa – 14 anni
Cesare era un ragazzo di Bari, assieme al papà Vito e alla mamma Errica era partito dalla loro città il venerdì primo agosto con il treno per evitare il traffico sull’autostrada. Il due agosto erano in stazione e lo scoppio della bomba li ha uccisi. Della famiglia rimase solo la figlia che non era partita assieme ai genitori e al fratello.

Errica Frigerio in Diomede Fresa – 57 anni
Errica era di Bari, era sposata con Vito ed insegnava lettere presso l’Istituto per Geometri “Pitagora”. Aveva due figli: una ragazza e un ragazzo di 14 anni. Venerdì primo agosto assieme al marito e al figlio Cesare erano partiti con il treno per evitare il traffico sull’autostrada. Il due agosto erano in stazione e lo scoppio li uccise. Della famiglia rimase solo la figlia che non era partita assieme ai genitori e al fratello.

Vito Diomede Fresa – 62 anni
Vito era di Bari, era sposato con Errica Frigerio e aveva due figli: una ragazza e un ragazzo di 14 anni. Era un medico impegnato nella ricerca sul cancro ed era direttore dell’Istituto di patologia generale alla facoltà di medicina. Era partito dalla sua città il venerdì primo agosto con il treno per evitare il traffico sull’autostrada, assieme a lui viaggiavano la moglie e il figlio. Il due agosto erano in stazione e lo scoppio della bomba li ha uccisi. Della famiglia rimase solo la figlia che non era partita assieme ai genitori e al fratello.

Verdiana Bivona – 22 anni
Verdiana era un’operaia, viveva con i genitori e con uno dei suoi due fratelli a Castelfiorentino (Firenze) dove era nata e la sua famiglia aveva origini siciliane. Il due agosto era in stazione perchè stava andando in vacanza sul lago di Garda con due amiche e la figlia di una di loro. Lo scoppio della bomba ha ucciso Verdiana, la sua amica Maria Fresu e la figlioletta Angela. L’altra amica che era con loro è rimasta ferita e si è salvata.

Maria Fresu – 24 anni
Maria abitava a Gricciano di Montespertoli, in provincia di Firenze e la sua famiglia di origine sarda era composta dalla figlia Angela di tre anni, dai genitori e da sei sorelle ed un fratello. Era in stazione con Angela e due amiche perché stavano andando in vacanza sul lago di Garda. L’esplosione le colpì in sala d’aspetto. Maria, Angela e Verdiana Bivona, una delle amiche, morirono mentre l’altra amica rimase ferita. Del corpo di Maria non si ebbe traccia fino al 29 dicembre, quando gli ultimi esami sui resti rinvenuti fra le macerie confermarono il suo ritrovamento.

Angela Fresu – 3 anni
famiglia di origine sarda era composta dalla mamma Maria, dai nonni e dai sette fratelli della mamma. Era in stazione con la mamma e due sue amiche perché stavano andando in vacanza sul lago di Garda. L’esplosione le colpì in sala d’aspetto. Maria, Angela e Verdiana Bivona, una delle amiche della mamma, morirono mentre l’altra amica rimase ferita. Con i suoi tre anni Angela è la vittima più piccola della strage.

Eckhardt Mader – 14 anni
Eckhardt viveva ad Haselhorf in Westfalia ed era venuto in Italia con i suoi genitori e i due fratelli per trascorrere una vacanza al Lido di Pomposa, in provincia di Ferrara. Il due agosto era in stazione con tutta la famiglia perché, arrivati da Ferrara, aspettavano il treno per tornare a casa, in Germania. Alle dieci e venticinque Eckhardt e i due fratelli erano in sala d’aspetto con la mamma, mentre il padre, avendo l’intenzione di occupare le due ore di attesa per vedere Bologna, stava per uscire dalla stazione. Lo scoppio uccise Eckhardt, il fratello Kai e la mamma Margret. Rimasero feriti l’altro fratello e il padre che scavando fra le macerie riuscì a ritrovare i suoi cari.

Kai Mader – 8 anni
Kai viveva ad Haselhorf in Westfalia ed era venuto in Italia con i suoi genitori e i due fratelli per trascorrere una vacanza al Lido di Pomposa, in provincia di Ferrara. Il due agosto era in stazione con tutta la famiglia perché, arrivati da Ferrara, aspettavano il treno per tornare a casa, in Germania. Alle dieci e venticinque Kai e i due fratelli erano in sala d’aspetto con la mamma, mentre il padre avendo l’intenzione di occupare le due ore di attesa per vedere Bologna, stava per uscire dalla stazione. Lo scoppio uccise Kai, il fratello Eckhardt e la mamma Margret. Rimasero feriti l’altro fratello e il padre che scavando fra le macerie riuscì a ritrovare i suoi cari.

Margret Rohrs in Mader – 39 anni
Margret viveva ad Haselhorf in Westfalia con il marito e i tre figli ed era venuta in Italia con tutta la famiglia per trascorrere una vacanza al Lido di Pomposa, in provincia di Ferrara. Il due agosto era in stazione perché, arrivati da Ferrara, aspettavano il treno per tornare a casa, in Germania. Alle dieci e venticinque Margret con i figli era in sala d’aspetto, mentre il marito, avendo l’intenzione di occupare le due ore di attesa per vedere Bologna, stava per uscire dalla stazione. Lo scoppio la uccise assieme ai due figli Kai di 8 anni e Eckhardt di 14 anni. Rimasero feriti l’altro figlio di 16 anni e il marito che scavando fra le macerie riuscì a ritrovare i suoi cari

Sonia Burri – 7 anni
Sonia era partita da Bari con i genitori e il due agosto era in stazione con loro e con i nonni materni, la sorella Patrizia Messineo, zia Silvana – la sorella della mamma – e le cugine. Lo scoppio la sorprese in sala d’aspetto: i soccorritori la trovarono viva ma in gravissime condizioni vicino alla sua bambola rossa. Morì in ospedale due giorni dopo. La bomba la uccise assieme alla sorella e alla zia.

Patrizia Messineo – 18 anni
Patrizia Messineo era di Bari e si era appena diplomata in ragioneria. Era in stazione con la madre, la sorella Sonia Burri, i nonni materni e zia Silvana- la sorella della mamma – e le cugine. Lo scoppio la sorprese in sala d’aspetto. La bomba la uccise assieme alla sorella e alla zia.

Silvana Serravalli in Barbera – 34 anni
Silvana era di Bari, insegnava presso una scuola elementare di quella città ed aveva compiuto gli anni il primo agosto. Alle 10,25 era al bar ubicato di fianco alla sala d’aspetto con le figlie. In stazione con lei c’erano i genitori, il cognato e la sorella accompagnata dalle due figlie. Lo scoppio la ferì molto gravemente e morì cinque giorni dopo all’ospedale. La bomba la uccise assieme a Patrizia Messineo e Sonia Burri, le figlie della sorella.

Manuela Gallon – 11 anni
Manuela era di Bologna, aveva superato gli esami di quinta elementare e si preparava ad affrontare le scuole medie. I genitori l’avevano accompagnata in stazione e stavano attendendo il treno che l’avrebbe portata alla colonia estiva di Dobbiaco, in provincia di Bolzano dove avrebbe dovuto trascorrere due settimane di vacanza. I tre si trovavano vicino alla sala d’attesa e il padre si allontanò per comprare le sigarette. Proprio in quell’istante scoppiò la bomba: Manuela rimase gravemente ferita, fu ritrovata e portata in coma all’ospedale dove morì 5 giorni dopo. La mamma morì e il padre rimase ferito.

Natalia Agostini in Gallon – 40 anni
Natalia era di Bologna e lavorava come operaia alla Ducati Elettronica ed aveva due figli. Il due agosto era in stazione con il marito e con la figlia Manuela di 11 anni. Aspettavano il treno che avrebbe portato Manuela alla colonia estiva di Dobbiaco, in provincia di Bolzano. I tre si trovavano vicino alla sala d’attesa e il marito si allontanò per comprare le sigarette. Proprio in quell’istante scoppiò la bomba, il marito rimase ferito non gravemente mentre Natalia e la figlia Manuela furono travolte dalle macerie e ferite molto seriamente. Furono entrambe portate in ospedale in pericolo di vita: Natalia mori qualche giorno dopo mentre si stavano svolgendo le esequie di Manuela.

Marina Antonella Trolese – 16 anni
Marina era di Sant’Angelo di Piove in provincia di Padova, studiava al liceo Tito Livio della città patavina e doveva partire con la sorella di 15 anni per un viaggio studio. Con loro in stazione a Bologna c’erano la madre Anna Maria e il fratello dodicenne. Lo scoppio li colpì in pieno: la mamma Anna Maria morì immediatamente, i fratelli rimasero feriti, mentre Marina riportò gravissime ustioni e mori il 22 agosto all’ospedale di Padova.

Anna Maria Salvagnini in Trolese – 51 anni
Anna Maria risiedeva a Sant’Angelo di Piove in provincia di Padova e insegnava nella città patavina presso la scuola media Palladio. Il due agosto era in stazione a Bologna con il figlio dodicenne per accompagnare le due figlie in partenza per un viaggio studio. Lo scoppio li colpì in pieno: Anna Maria morì immediatamente, il figlio e una figlia rimasero feriti, mentre Marina, la figlia quindicenne, riportò gravissime ustioni e morì giorni dopo all’ospedale di Padova.

Elisabetta Manea Ved. De Marchi – 60 anni
Elisabetta era di Marano Vicentino dove, alla morte del marito avvenuta nel 1970, era rimasta con i suoi quattro figli. Il due agosto aveva da poco terminato la convalescenza dopo un intervento chirurgico ed era in stazione con Roberto, il più giovane dei suoi figli che aveva 21 anni ed era un promettente pallavolista. Madre e figlio erano partiti di buon mattino con meta la Puglia: un lungo viaggio per andare a trovare alcuni parenti. La prima tappa era Bologna dove avrebbero dovuto prendere una coincidenza. Arrivati in stazione decisero di non uscire, ma attendere il treno in sala d’aspetto e fu proprio qui che l’esplosione colse Elisabetta, mentre il figlio era sul marciapiede del primo binario. Morirono entrambi.

Roberto De Marchi – 21 anni
Roberto era rimasto orfano di padre nel 1970, la sua famiglia, composta da altri tre fratelli e dalla mamma Elisabetta viveva a Marano Vicentino. Roberto era il fratello più piccolo, era un valente e promettente pallavolista che militava nella Volley Sottoriva. Madre e figlio erano partiti da casa il due agosto di buon mattino con meta la Puglia: un lungo viaggio per andare a trovare alcuni parenti. La prima tappa era Bologna dove avrebbero dovuto prendere una coincidenza. Arrivati in stazione decisero di non uscire, ma di attendere il treno in sala d’aspetto. Roberto passeggiava sul marciapiede del primo binario quando l’esplosione causò il crollo della pensilina che lo travolse e lo uccise. La mamma fu uccisa nella sala d’aspetto.

Eleonora Geraci in Vaccaro – 46 anni
Eleonora era di origini palermitane e il due agosto era partita in auto con il figlio Vittorio di 24 anni che viveva a Casalgrande, Reggio Emilia. Dovevano recarsi alla stazione di Bologna per accogliere sua sorella proveniente dalla Sicilia. Lo scoppio della bomba li ha uccisi entrambi.

Vittorio Vaccaro – 24 anni
Vittorio operaio ceramista era nato a Palermo e viveva a Casalgrande, Reggio Emilia, con la moglie che aveva conosciuto a Rimini e una figlia di 4 anni. Il due agosto era partito in auto con la madre Eleonora verso la stazione di Bologna dove dovevano andare ad accogliere una zia proveniente dalla Sicilia. Lo scoppio della bomba li ha uccisi entrambi.

Velia Carli in Lauro – 50 anni
Velia era nata a Tivoli, era titolare di una piccola impresa artigiana di maglieria e risiedeva a Brusciano, in provincia di Napoli. Di qui era partita con il marito Salvatore il venerdì primo agosto. La loro meta era Scorzè, in provincia di Venezia in cui si celebrava il funerale del consuocero. A Bologna dovevano cambiare treno, ma il convoglio su cui viaggiavano era arrivato in ritardo e quindi persero la coincidenza. La bomba scoppiò mentre aspettavano il treno successivo e li uccise entrambi lasciando orfani i loro sette figli di cui due molto giovani.

Salvatore Lauro – 57 anni
Salvatore era di Acerra, era un maresciallo dell’aereonautica e risiedeva a Brusciano, in provincia di Napoli. Di qui era partito con la moglie Velia il venerdì primo agosto. La loro meta era Scorzè, in provincia di Venezia in cui si celebrava il funerale del consuocero. A Bologna dovevano cambiare treno, ma il convoglio su cui viaggiavano era arrivato in ritardo e quindi persero la coincidenza. La bomba scoppiò mentre aspettavano il treno successivo e li uccise entrambi lasciando orfani i loro sette figli di cui due molto giovani.

Paolo Zecchi – 23 anni
Paolo era figlio unico, era nato a Bologna, si era diplomato in ragioneria e lavorava in una banca ad Ozzano dell’Emilia in provincia di Bologna. Si era sposato da pochi mesi con Viviana che aveva la sua stessa età e che aveva appena annunciato di aspettare un bambino. Vivevano a San Lazzaro di Savena con i genitori di Viviana. Il due agosto erano entrambi in stazione per acquistare i biglietti per il treno e per il traghetto che li avrebbe portati in Sardegna all’inizio di settembre. Lo scoppio li uccise entrambi.

Viviana Bugamelli in Zecchi – 23 anni
Viviana era di Bologna, diplomata in ragioneria aveva trovato un impiego in un’azienda agricola. Da pochi mesi si era sposata con Paolo che era un suo coetaneo e aveva appena annunciato di aspettare un bambino. Vivevano a San Lazzaro di Savena con i suoi genitori. Il due agosto erano entrambi in stazione per acquistare i biglietti per il treno e per il traghetto che li avrebbe portati in Sardegna all’inizio di settembre. Lo scoppio li uccise entrambi.

Catherine Helen Mitchell – 22 anni
Catherine Helen si era laureata all’Arts Court, di Birmingham in Inghilterra. Assieme al suo fidanzato John aveva intrapreso un viaggio per l’Europa, senza fissarsi particolari mete. Erano partiti zaino in spalla, blu il suo, arancione quello di John, con il sacco a pelo, arnesi da campeggio, abiti e una macchina fotografica. Erano in stazione a Bologna per aspettare un treno. L’esplosione li uccise entrambi.

John Andrew Koplinski – 22 anni
John Andrew si era laureato all’Arts Court, di Birmingham in Inghilterra. Assieme alla sua fidanzata Catherine aveva intrapreso un viaggio per l’Europa, senza fissarsi particolari mete. Erano partiti zaino in spalla, arancione il suo, blu quello di Catherine, con il sacco a pelo, arnesi da campeggio, abiti e una macchina fotografica. Erano in stazione a Bologna per aspettare un treno. L’esplosione li uccise entrambi.

Loreadana Molina in Sacrati – 44 anni
Loredana era di Bologna e il due agosto assieme al marito avevano accompagnato in stazione il figlio minore e Angelica Tarsi, sua suocera, che dovevano partire per le vacanze. Il marito, non avendo trovato parcheggio, aspettava in macchina che Loredana comprasse i biglietti ed accompagnasse nonna e nipote al treno. L’esplosione li colse sul marciapiede del primo binario dove Loredana stava guadando i tabelloni con gli orari delle partenze. Lei e la suocera morirono sul colpo, suo figlio rimase gravemente ferito.

Angelica Tarsi in Sacrati – 72 anni
Angelica era marchigiana ma viveva da molti anni a Bologna con il figlio, la nuora e i tre nipoti. Era in stazione perché doveva partire con il nipotino più piccolo alla volta di Ostra (Ancona), dove avrebbero trascorso un periodo di vacanza a casa di sua sorella. Suo figlio e la nuora Loredana li avevano accompagnati: non avendo trovato parcheggio il figlio restò ad aspettare in auto e la nuora li accompagnò all’interno della stazione. L’esplosione li sorprese sul marciapiede del primo binario. Angelica e la nuora morirono sul colpo, il nipote rimase gravemente ferito.

Katia Bertasi – 34 anni
Katia era nata a Stienta, Rovigo e viveva a Bologna con suo marito e i due figli: una femmina di 11 anni ed un maschietto di 15 mesi, era ragioniera ed era in stazione perché lavorava presso la Cigar, una società bolognese che si occupava della ristorazione all’interno della Stazione e che aveva i suoi uffici sopra alle sale d’aspetto. Alle 10,25 era nel suo ufficio quando la bomba scoppiava nei locali sottostanti: l’esplosione la uccise mentre stava lavorando. Assieme a lei morirono le colleghe Euridia, Franca, Mirella, Nilla e Rita.

Mirella Fornasari in Lambertini – 36 anni
Mirella viveva a Casalecchio di Reno, in provincia di Bologna, era sposata e madre di un ragazzo di 14 anni. Lavorava per la ditta Cigar una società che si occupava della ristorazione all’interno della Stazione e che aveva i suoi uffici sopra alle sale d’aspetto. Da qualche tempo il suo luogo di lavoro non erano più gli uffici in stazione ma quelli in via Marconi. Quel sabato che precedeva di poco le ferie estive era stato chiesto a Mirella di tornare nel suo vecchio ufficio e lei lo aveva fatto volentieri perché avrebbe rivisto le sue colleghe. L’esplosione la colse mentre lavorava e il suo corpo senza vita fu ritrovato solo a notte inoltrata. Assieme a lei morirono le colleghe Euridia, Franca, Katia, Nilla e Rita.

Euridia Bergianti – 49 anni
Euridia era nata a Campogalliano in provincia di Modena, abitava a Bologna assieme ad uno dei suoi due figli ed era rimasta vedova nel 1975. Lavorava da tre anni alla Cigar una società che si occupava della ristorazione all’interno della Stazione di Bologna e che aveva i suoi uffici sopra alle sale d’aspetto. Il 2 agosto lo scoppio della bomba la uccise mentre era in servizio al bancone del Self Service collocato nell’ala ovest della stazione di fianco alla sala d’aspetto di seconda classe. Assieme a lei morirono le colleghe Franca, Katia, Mirella, Nilla e Rita.

Nilla Natali – 25 anni
Nilla era figlia unica, viveva coi genitori e stava per sposarsi, aveva già scelto i mobili per la sua nuova casa, anche quelli su misura per la cucina. Il due agosto era in stazione perchè era dipendente della Cigar, una società che si occupava della ristorazione all’interno della Stazione e che aveva i suoi uffici sopra alle sale d’aspetto. La bomba scoppiò mentre era nel suo ufficio e la uccise. Assieme a lei morirono le colleghe Euridia, Franca, Katia, Mirella e Rita.

Franca Dall’Olio – 20 anni
Franca era nata a Budrio, abitava a Bologna, era figlia unica e da quattro mesi soltanto lavorava per la ditta Cigar, una società che si occupava della ristorazione all’interno della Stazione e che aveva i suoi uffici sopra alle sale d’aspetto. Qualche attimo prima dell’esplosione era al telefono con un fornitore che era andato a consegnare della merce. Normalmente era lei a scendere e a controllare il materiale mentre quella mattina chiese invece al fornitore di salire. Questi le rispose che sarebbe arrivato entro poco tempo, ma l’esplosione la colse al suo tavolo di lavoro mentre controllava il libro della contabilità e la uccise. Assieme a lei morirono le colleghe Mirella, Euridia, Nilla, Katia e Rita.

Rita Verde – 23 anni
Rita aveva una sorella ed un fratello, viveva a Bologna con i genitori e stava per sposarsi. Era impiegata alla ditta Cigar, una società che si occupava della ristorazione all’interno della Stazione e che aveva i suoi uffici sopra alle sale d’aspetto. Il due agosto era in ufficio e l’esplosione la colse durante il suo lavoro e la uccise. Assieme a lei morirono le colleghe Mirella, Euridia, Nilla, Franca e Katia.

Flavia Casadei – 18 anni
Flavia aveva frequentato la quarta liceo scientifico Serpieri a Rimini e si preparava ad affrontare l’ultimo anno di scuola superiore. Era partita da casa per raggiungere Brescia dove l’attendeva uno zio. Doveva prendere un treno a Bologna ma il ritardo del convoglio su cui era salita a Rimini le fece perdere la coincidenza. Decise così, assieme ad una ragazza di Cento (Ferrara), conosciuta durante il viaggio di entrare in sala d’aspetto. Lo scoppio della bomba le colse lì: Flavia mori, mentre la ragazza di Cento si salvò seppur sepolta sotto le macerie.

Giuseppe Patruno – 18 anni
Giuseppe Patruno era di Bari ed aveva dieci fratelli. Faceva l’elettricista. Stava trascorrendo un periodo di vacanza con il fratello a casa di amici a Rimini dove avevano conosciuto alcune ragazze straniere. La mattina del 2 agosto in auto assieme al fratello e ad un amico avevano accompagnato alla stazione di Bologna le ragazze che dovevano tornare in patria. Parcheggiata l’auto i ragazzi entrarono in stazione e si diressero verso il primo binario dove era in sosta il treno per Basilea. Giuseppe accelerò il passo e si ritrovò molto vicino all’esplosione che lo uccise. Il fratello, che si era attardato ad aspettare un amico, si salvò.

Rossella Marceddu – 19 anni
Rossella viveva con i genitori e la sorella a Prarolo, in provincia di Vercelli, e studiava per diventare assistente sociale. Aveva appena trascorso alcuni giorni di vacanza con il padre e la sorella al Lido degli Estensi. Aveva deciso di rientrare a casa per raggiungere il fidanzato. Inizialmente, con l’amica che l’accompagnava, avevano pensato di fare il viaggio in moto, poi scelsero il treno ritenendolo più sicuro. La mattina del due agosto erano sul marciapiede del quarto binario ad aspettare il treno diretto a Milano, siccome faceva molto caldo Rossella decise di andare a prender qualcosa da bere. La bomba scoppiò mentre la ragazza stava andando al bar e la uccise. L’amica rimasta sul quarto binario si salvò.

Davide Caprioli – 20 anni
Davide era di Verona dove viveva con i genitori, frequentava il primo anno di economia e commercio, voleva diventare commercialista e la sua passione era la musica: suonava la chitarra e cantava. Aveva trascorso un periodo di vacanze ad Ancona, presso la sorella. Sabato due agosto era ripartito perché la sera stessa doveva suonare con il suo complesso, il Dna group, e poi voleva riprendere a studiare. Era in stazione a Bologna in attesa di una coincidenza e stava guardando il tabellone con gli orari dei treni. Lo scoppio della bomba lo ferì molto gravemente, fu trasportato all’ospedale Maggiore in rianimazione dove morì 2 ore dopo il ricovero.

Vito Ales – 20 anni
Vito viveva a Piana degli Albanesi, in provincia di Palermo, aveva un diploma come operaio specializzato ed era in attesa di trovare un posto di lavoro stabile. Quel due agosto stava andando a Cervia, sulla riviera romagnola, dove come nelle estati precedenti avrebbe lavorato in una pensione. Aveva perso la coincidenza per la città romagnola perchè il convoglio sul quale viaggiava dalla Sicilia era giunto a Bologna in ritardo e quindi alle 10,25 stava aspettando il treno successivo camminando sul marciapiede del primo binario dove fu ucciso dall’esplosione.

Iwao Sekiguchi – 20 anni
Iwao viveva nei pressi di Tokio con i genitori, una sorella e un fratello. Era stato ammesso alla Waseda di Tokio, una delle università più esclusive del Paese dove studiava letteratura giapponese. Un suo grande desiderio era conoscere l’arte, la lingua, le tradizioni italiane. Aveva ottenuto una borsa di studio dal Centro Culturale Italiano a Tokio e il 23 luglio era arrivato a Roma dove era rimasto una settimana trascorsa la quale era partito per Firenze. Il due agosto decise di lasciare il capoluogo toscano per raggiungere Bologna. Iwao teneva un diario del suo viaggio in Italia su cui si legge: «2 agosto: sono alla stazione di Bologna. Telefono a Teresa ma non c’è. Decido quindi di andare a Venezia. Prendo il treno che parte alle 11:11. Ho preso un cestino da viaggio che ho pagato cinquemila lire. Dentro c’è carne, uova, patate, pane e vino. Mentre scrivo sto mangiando». Fu l’ultima pagina perché lo scoppio della bomba lo uccise.

Brigitte Drouhard – 21 anni
Brigitte era nata a Saules, in Francia, risiedeva a Parigi, faceva l’impiegata e aveva una passione per la poesia e per la letteratura italiana. Il due agosto era in stazione a Bologna perché stava aspettando un treno che avrebbe dovuto portarla a Ravenna. La bomba la uccise durante l’attesa.

Roberto Procelli – 21 anni
Roberto era figlio unico e viveva a San Leo di Anghiari, una frazione di Arezzo. Si era diplomato ragioniere, aveva seguito un corso per programmatore elettronico ed aveva trovato lavoro. Aiutava anche il padre nella loro coltivazione di tabacco. Il 13 maggio era partito per svolgere il servizio di leva nel 121° Battaglione di artiglieria leggera a Bologna. Sabato due agosto era in stazione perchè stava tornando a casa. E’ stato colpito dallo scoppio della bomba: lo hanno ritrovato nella piazza antistante la stazione vicino ad una cabina telefonica. E’ stato identificato dalla piastrina che portava al collo.

Maria Angela Marangon – 22 anni
Maria Angela era nata a Rosolina, in provincia di Rovigo, aveva due fratelli e una sorella. Aveva trovato lavoro come babysitter presso una famiglia bolognese e appena poteva tornava a casa. Sabato 2 agosto era in stazione per ritornare a Rosolina e lo scoppio della bomba la uccise.

Mauro Alganon – 22 anni
Mauro era di Asti, viveva in casa con i genitori pensionati, lavorava come commesso in una libreria, era l’ultimo di tre figli ed era appassionato di fotografia. Era partito di prima mattina dal Piemonte con un amico per andare a Venezia. Occorreva cambiare a Bologna, ma un ritardo del treno fece sì che i ragazzi perdessero la coincidenza. Per questo motivo entrarono in sala d’aspetto. Era molto caldo e a turno i due amici uscivano a prendere un po’ d’aria. Alle 10, 25 Mauro era rimasto seduto a custodire i bagagli leggendo un giornale quando lo scoppio della bomba lo uccise. L’amico che era uscito si salvò.

Francisco Gomez Martinez – 23 anni
Francisco (Paco) era catalano, aveva due sorelle e lavorava come impiegato in una azienda tessile di Sentmenat, in provincia di Barcellona dove era nato e dove viveva con la madre e una delle sorelle. Aveva cominciato a lavorare a 16 anni, era appassionato di arte e di pallacanestro, sport che praticava. Era anche attivo nel tessuto associativo culturale del suo paese. Tutto l’anno risparmiava i soldi per poter fare qualche viaggio d’estate. Era partito da casa il 29 luglio con l’intenzione di visitare diverse città europee. Nel suo viaggio in treno conobbe un ragazzo catalano e con lui decise di fermarsi qualche giorno a Bologna. Il 2 Agosto i due ragazzi si trovavano seduti nella sala di aspetto in attesa di un treno che li avrebbe portati a Rimini. Per ingannare l’attesa Paco scriveva alla fidanzata: nella lettera immaginava assieme a lei le ferie dell’anno successivo. Lo scoppio della bomba lo uccise, mentre l’amico che era con lui rimase ferito.

Mauro di Vittorio – 24 anni
Mauro abitava a Torpignattara, nella periferia romana, era orfano di padre e aveva due sorelle ed un fratello. Nell’estate del 1980 si era messo in viaggio verso Londra dove sperava di trovare un lavoro. Arrivato in Francia scrisse sul suo diario di viaggio: «Mi permetto pure una colazione e all’una prendo il traghetto. Londra, eccomi. Dover con le sue bianche scogliere mi sta di fronte». Alla frontiera venne fermato e rimandato indietro perché non aveva denaro sufficiente per mantenersi. Fece quindi il viaggio a ritroso e il 2 agosto si trovava in stazione dove la bomba lo uccise. La famiglia e gli amici lo credevano a Londra ma il 10 agosto ebbero la notizia della sua presenza in stazione.

Sergio Secci – 24 anni
Sergio era nato a Terni e si era laureato al Dams di Bologna. La sua passione era il teatro e il due agosto era in viaggio per lavoro verso Bolzano. Sergio era salito sul treno a Forte dei Marmi pensando di arrivare in stazione a Bologna per pendere il treno per Verona in partenza alle 8,18 così da raggiungere un amico che lo aspettava nella città scaligera. Il treno su cui viaggiava era però in ritardo e quindi a Sergio non restava altro se non attendere il treno delle 10,50. La bomba scoppiò mentre era in sala d’aspetto e gli causò gravissime ferite e ustioni. Venne ricoverato in condizioni estremamente gravi all’ospedale Maggiore e morì alle 10,55 del 7 agosto.

Roberto Gaiola – 25 anni
Roberto era di Vicenza ed aveva una sorella. A undici anni, dopo aver conseguito il diploma di scuola elementare, era andato a lavorare in fabbrica. Dopo un periodo piuttosto turbolento della sua vita era entrato in un programma di disintossicazione che si svolgeva all’ospedale Maggiore di Bologna, intraprendendo un percorso che era anche di aiuto per altri che si trovavano in difficoltà. Così faceva sovente il viaggio da Vicenza a Bologna. All’inizio del 1980 subì anche la dolorosa perdita del padre. Il 2 agosto partì molto presto da casa, si recò al Maggiore e alle 10,25 era nuovamente in stazione ad aspettare il treno che lo avrebbe riportato a casa. Fu durante l’attesa che la bomba lo uccise.

Angelo Priore – 26 anni
Angelo era nato a Malles Venosta in provincia di Bolzano, si era trasferito a Messina dove svolgeva il mestiere di ottico. Il due agosto era in viaggio per raggiungere moglie e figlio di 14 mesi che erano già in vacanza a Pelos nel Cadore, assieme a lui viaggiavano anche i suoceri. Decisero di aspettare il treno in sala d’aspetto, Angelo leggeva una rivista mentre i suoceri uscirono a fare due passi. Lo scoppio della bomba ferì molto gravemente Angelo al volto e alla testa mentre i suoceri si salvarono. Iniziarono mesi di ricovero ospedaliero, di interventi chirurgici e di forti dolori causati dalle ustioni ma le cure mediche furono inutili ed Angelo spirò l’11 novembre 1980 .

Onofrio Zappalà – 27 anni
Onofrio era nato a Santa Teresa di Riva, in provincia di Messina e aveva due sorelle. Finito il liceo classico, si era iscritto alla facoltà di lettere, ma aveva lasciato al secondo anno per cercarsi un lavoro. Si era innamorato di Ingeborg, una maestra danese di 22 anni, conosciuta un’estate al mare a Sant’Alessio siculo dove Onofrio risiedeva con i genitori. L’aveva raggiunta a Copenaghen dove pensava di stabilirsi, ma venne chiamato in Italia perchè assunto alle Ferrovie dello Stato. Il due agosto era in stazione a Bologna con due colleghi ed aspettavano un treno per lo scalo di San Donato. I colleghi decisero di uscire, mentre Onofrio rimase sul marciapiede del primo binario dove lo scoppio lo uccise. Il tre agosto Onofrio avrebbe dovuto incontrare Ingeborg a Bologna.

Gaetano Roda – 31 anni
Gaetano era nato a San Bartolomeo, era orfano di padre e viveva a Mirabello in provincia di Ferrara con la madre e il fratello. Aveva fatto il rappresentante ed era appena stato assunto dalle Ferrovie. Il 2 agosto stava frequentando un corso alla stazione di Bologna e durante una pausa pensò di andare al bar. Alle 10,25 era sul marciapiede nei pressi della sala d’aspetto: l’onda d’urto causata dallo scoppio della bomba lo gettò contro il treno in sosta sul primo binario e lo uccise.

Pio Carmine Remollino – 31 anni
Pio Carmine era nato a Bella, in provincia di Potenza. Orfano di madre, aveva vissuto con il padre settantacinquenne, la matrigna e otto fratelli a Baragiano. A 18 anni era partito per la Germania con quattro dei suoi fratelli, due anni dopo tornò in Italia per fare il servizio militare, terminato il quale aveva iniziato a spostarsi lungo la penisola cercando lavoro. Nel 1976 si era trasferito a Ravenna e svolgeva lavori saltuari come muratore o cameriere. Un uomo di poche parole, viaggiava da solo, dava raramente notizie di sé. Non sappiamo esattamente come mai era in stazione il due agosto quando la bomba lo uccise.

Antonino Di Paola – 32 anni
Antonino era di Palermo, aveva due sorelle ed un fratello, amava trasmettere alla radio e da 14 anni lavorava per la ditta Stracuzzi, specializzata in apparecchiature elettriche per la segnalazione ferroviaria. Aveva lavorato in diverse città: Palermo, Messina Caltanissetta, Monfalcone e Trieste. Nel gennaio 1980 era stato trasferito a Bologna dove aveva preso una stanza in affitto assieme al collega Salvatore Seminara, catanese di 34 anni. Il 9 agosto sarebbe tornato a casa per le ferie. Il 2 agosto era in stazione con Salvatore per aspettare il fratello di quest’ultimo che stava facendo il servizio militare e voleva trascorre due giorni di licenza a Bologna. Il suo treno doveva arrivare alle 10.15, ma era in ritardo e così Antonino e Salvatore entrarono nella sala d’aspetto di seconda classe. La bomba li uccise entrambi.

Salvatore Seminara – 34 anni
Salvatore era originario di Gravina di Catania, aveva un fratello e una sorella. Era perito elettrotecnico e da 9 anni lavorava come operaio specializzato nella sede di Bologna della ditta Stracuzzi, specializzata in apparecchiature elettriche per la segnalazione ferroviaria. Divideva l’alloggio con Antonino di Paola, un collega di Palermo. Il 2 agosto i due erano in stazione per aspettare il fratello di Salvatore che stava facendo il servizio militare e voleva trascorre due giorni di licenza a Bologna. Il suo treno che doveva arrivare alle 10.15 era in ritardo e così Antonino e Salvatore entrarono nella sala d’aspetto di seconda classe. La bomba li uccise entrambi.

Mirco Castellari – 33 anni
Mirco era originario di Pinerolo in provincia di Torino, aveva a lungo vissuto a Frossasco dove il padre era stato Sindaco. Era capoufficio presso la ditta Vortex Hidra di Fossalta di Copparo e risiedeva a Ferrara, era sposato ed aveva un figlio di sei anni. In società con un amico aveva appena comprato una barca con la prospettiva di avviare una attività rivolta ai turisti. In quell’estate del 1980 il progetto era quello di sistemare il natante ormeggiato in Sicilia e di fare alcuni piccoli viaggi di rodaggio. Vari imprevisti fecero sì che Mirco ritardasse la partenza: il due agosto era in stazione e lo scoppio della bomba lo uccise.

Nazzareno Basso – 33 anni
Nazzareno era di Numana, nelle Marche, aveva quattro figli e lavorava a Milazzo. Nel 1978, quando era carabiniere ausiliario a Chioggia, incontrò la sua futura moglie. Il due agosto Nazzareno era in stazione a Bologna, perchè, provenendo dalla Sicilia, stava andando a casa dei suoceri, a Caltana, nel veneziano, dove era la sua famiglia. Il treno con il quale doveva fare l’ultima parte del suo viaggio era in ritardo. Dopo aver telefonato per avvertire dell’inconveniente, entrò in sala d’aspetto dove lo scoppio della bomba lo uccise.

Vincenzo Petteni – 34 anni
Vincenzo era nato a Malè, in provincia di Trento, abitava a Ferrara, era sposato e da un paio di anni aveva cambiato lavoro, mettendosi in proprio. Il due agosto con un amico era diretto a Palermo da dove avrebbe iniziato un breve vacanza sul mare verso la Tunisia. Non avendo trovato posto in aereo pensarono di prendere il treno. Lo scoppio li colse in stazione e Vincenzo rimase gravemente ferito. Fu trasportato al policlinico Sant’Orsola dove dopo quattordici giorni morì per una sopraggiunta infezione polmonare.

Carla Gozzi – 36 anni
Carla abitava coi genitori a Concordia in provincia di Modena ed era impiegata in un maglificio. Assieme al fidanzato Umberto Lugli di 38 anni aveva organizzato un viaggio alle isole Tremiti. Erano stati accompagnati in stazione con largo anticipo dal fratello di Umberto che poi tornò indietro. La bomba sorprese i due fidanzati che aspettavano il treno e li uccise.

Umberto Lugli – 38 anni
Umberto era di Carpi dove aveva aperto con il fratello una merceria. Assieme alla fidanzata Carla Gozzi di 36 anni aveva organizzato un viaggio alle isole Tremiti. Erano stati accompagnati in stazione con largo anticipo dal fratello che tornò a Carpi per aprire il negozio. La bomba sorprese i due fidanzati che aspettavano il treno e li uccise.

Fausto Venturi – 38 anni
Fausto viveva con la madre e il fratello a Bologna, era donatore di sangue. Il due agosto era in servizio con il suo taxi alla stazione di Bologna: il suo turno era cominciato alle otto e avrebbe dovuto terminare alle 20. Le macerie causate dallo scoppio della bomba lo hanno travolto ed ucciso mentre stava chiacchierando con un collega.

Argeo Bonora – 42 anni
Argeo era un ferroviere, era nato a Galliera, in provincia di Bologna, aveva due fratelli, era sposato ed aveva 5 figli. Dal 1970 si era trasferito per motivi di lavoro a Salorno, in provincia di Bolzano. Il due agosto era in ferie e ne aveva approfittato per andare a trovare la madre che abitava a Saletto di Bentivoglio, in provincia di Bologna. La bomba l’ha ucciso in stazione a Bologna mentre aspettava il treno per ritornare a casa.

Francesco Betti – 44 anni
Francesco era un taxista originario di Marzabotto. Viveva con la moglie e il figlio di 2 anni a S. Lazzaro di Savena in provincia di Bologna. Il 2 agosto 1980 era in servizio davanti alla stazione di Bologna e si trovava con il suo taxi a circa trenta metri dal luogo dove era posizionata la bomba. Un masso lo ha colpito alla nuca ed è morto immediatamente.

Mario Sica – 44 anni
Mario era nato a Roma ed era un avvocato specializzato in diritto del lavoro. Dopo aver lavorato alla Fiat di Torino, era stato assunto all’Atc, l’azienda di trasporti di Bologna, città in cui si era trasferito con la moglie ed i tre figli. Il due agosto era andato in stazione per accogliere la madre che arrivava da Roma: la bomba scoppiò mentre era sul marciapiede del primo binario e lo uccise.

Pier Francesco Laurenti – 44 anni
Pier Francesco era nato a Berceto, in provincia di Parma, aveva una sorella ed era laureato in giurisprudenza, viveva a Parma e lavorava a Padova nelle assicurazioni. Il due agosto, dopo aver trascorso una vacanza sulla riviera romagnola, stava tornando a casa. Durante una sosta del treno a Bologna decise di scendere per fare una telefonata ad un amico, avvertendolo del suo arrivo. Finita la telefonata, mentre stava ritornando sul treno, lo scoppio della bomba lo ha ucciso.

Paolino Bianchi – 50 anni
Paolino lavorava come muratore in una cooperativa agricola e viveva in provincia di Ferrara a Castello di Vigarano Mainarda, con la madre di salute cagionevole. Tutti gli anni si recava ad Arco di Trento, sul Garda, per trascorrere poco più di una settimana con un’amica molto cara: era l’unica distrazione che si concedeva. Prima di partire aveva organizzato la casa e aveva comprato le provviste per la madre. Sabato due agosto era partito prestissimo ed era andato a Bologna per prendere il treno che lo avrebbe portato verso la sua destinazione. La bomba scoppiò mentre era in stazione.

Vincenzina Sala in Zanetti – 50 anni
Vicenzina era nata a Pavia ma risiedeva da molti anni a Bologna. Il 2 agosto era alla stazione col marito, con i consuoceri e con il nipotino di sei anni ad aspettare l’arrivo di sua figlia e di suo genero che provenivano dalla Svizzera. Il treno era in ritardo e si misero ad aspettare sul marciapiede del primo binario. Lo scoppio della bomba uccise Vicenzina, ferì il marito, la consuocera e molto gravemente il nipotino.

Berta Ebner – 50 anni
Berta era nata a San Leonardo in Passiria in provincia di Bolzano, aveva un fratello, non era sposata e viveva in casa con la madre. Faceva la casalinga. Non sappiamo perché il 2 agosto fosse in stazione dove la bomba la uccise.

Vincenzo Lanconelli – 51 anni
Vincenzo era nato a Cotignola in provincia di Ravenna, viveva a Bagnacavallo, era celibe ed aveva due sorelle e un fratello. Era stato Ispettore del lavoro a Forlì ed aveva ricoperto l’incarico di Segretario dell’Ispettorato del Lavoro di Ravenna. Andato in pensione, si era iscritto alla Facoltà di Giurisprudenza di Bologna per conseguire una seconda laurea così da aprire uno studio di consulenza con altri colleghi. Il due agosto voleva assistere ad uno spettacolo lirico all’Arena, lo scoppio della bomba lo sorprese nella sala d’aspetto dove era in attesa di un treno per recarsi a Verona.

Amorveno Marzagalli – 54 anni
Amorveno viveva ad Omegna, in provincia di Novara, con la moglie e il figlio. Lavorava come dirigente in una ditta produttrice di macchine da caffè. In quell’estate del 1980 aveva accompagnato la famiglia al Lido degli Estensi, in provincia di Ravenna e poi avrebbe dovuto raggiungere il fratello a Cremona con il quale aveva programmato una gita sul Po. Erano dieci anni che il fratello lo invitava ma solo quella volta Amorveno acconsentì, anche per non lasciarlo solo dopo la morte della madre avvenuta in giugno. La mattina del 2 agosto si fece accompagnare alla stazione di Ravenna e di lì, dopo vent’anni che non saliva su di un treno, si mise in viaggio alla volta di Bologna dove lo attendeva una coincidenza in partenza alle 11.05. Lo scoppio della bomba lo uccise.

Lina Ferretti in Manocci – 53 anni
Lina era nata a Peccioli in provincia di Pisa. Abitava a Livorno insieme a suo marito Rolando coinvolto anche lui nella strage e rimasto gravemente ferito. Lei casalinga, con una predilezione per la lettura, lui operaio FS, avevano due figli. Era alla stazione di Bologna con suo marito ad aspettare la coincidenza che li avrebbe portati a Brunico per una breve vacanza offerta dalla suocera che aveva fatto una piccola vincita al gioco del lotto. Dovevano partire il 3 agosto, ma si liberò una camera un giorno prima e la padrona della pensione, per tempo, fece sapere loro che sarebbero potuti partire il 2 agosto concedendogli un giorno in più di vacanza. E così fecero. Alle 10,25 era nella sala d’aspetto di 2°classe seduta ad un tavolo, rivolgendo le spalle alla bomba. Fu riconosciuta, con fatica, da suo cognato Loriano il giorno successivo alla strage pur essendo lui passato davanti al suo corpo decine di volte.

Romeo Ruozi – 54 anni
Romeo era originario di Reggio Emilia, aveva vissuto a Trieste fino al 1975 e abitava a Bologna, era sposato ed aveva tre figli: due grandi sposati e residenti in altre città ed una ragazza di 14 anni che viveva con i genitori. Era pensionato. Romeo si trovava in stazione per accogliere la figlia sposata che veniva a prendere la sorella più piccola con la quale avrebbe trascorso parte delle vacanze estive. Il treno doveva arrivare soltanto alle 11,58 ma Romeo era andato in stazione con largo anticipo, come sua abitudine. Lo scoppio della bomba lo uccise. Il genero lo riconobbe dalla fede che portava al dito.

Francesco Antonio Lascala – 56 anni
Francesco Antonio era sposato ed aveva tre figli, era appassionato di pesca e viveva a Reggio Calabria con la moglie e uno dei suoi figli che aveva 15 anni. Era stato centralinista alle Ferrovie dello Stato ed era in pensione. Il due agosto stava andando a Cremona per trascorrere alcuni giorni dalla figlia. Il treno con il quale era partito era arrivato a Bologna con tre ore di ritardo e per questo motivo Francesco Antonio aveva perso la coincidenza e aveva dovuto aspettare il treno delle 11,05. Lo scoppio della bomba lo uccise.

Rosina Barbaro in Montani – 58 anni
Rosina era di Bologna, era sposata ed aveva una figlia e in agosto avrebbe festeggiato il 40° anniversario di matrimonio. Il due agosto stava partendo con il marito per trascorrere una vacanza sulla riviera adriatica: avevano deciso di prendere il treno, declinando l’invito della figlia ad essere accompagnati in auto. Erano sul marciapiede del primo binario e, mano nella mano, stavano andando verso il bar quando furono travolti dalle macerie causate dallo scoppio della bomba. Il marito rimase ferito e Rosina morì.

Pietro Galassi – 66 anni
Pietro era nato nella Repubblica di San Marino, aveva una sorella e si era laureato in matematica e fisica. Prima di andare in pensione aveva insegnato in una scuola di Viareggio di cui in seguito era diventato preside. Non sappiamo perché il 2 agosto fosse in stazione dove la bomba lo uccise.

Irene Breton in Boudouban – 61 anni
Irène era originaria della Svizzera dove era nata a Boncourt. risiedeva a Delémont con il marito. Faceva l’orologiaia. Non sappiamo perché il 2 agosto fosse in stazione dove la bomba la uccise.

Lidia Olla in Cardillo – 67 anni
Lidia aveva una figlia ed abitava a Cagliari con suo marito. I due coniugi erano partiti per raggiungere la sorella di Lidia che risiedeva a Cavalese, in Trentino per trascorrere un periodo di vacanze che era anche un momento di convalescenza per il marito. Il due agosto erano in stazione a Bologna dove, nella sala d’aspetto di prima classe, avrebbero dovuto trascorre due ore in attesa del treno. Il signor Cardillo, dopo essersi tolto la giacca ed averla appoggiata sulla sedia accanto alla moglie, uscì dalla sala d’aspetto per andare a controllare l’orario di arrivo del treno. Fece appena in tempo ad uscire quando lo scoppio della bomba lo ferì gravemente provocandogli vaste ustioni su tutto il corpo. Lidia, rimasta all’interno della sala, morì.

Maria Idria Avati – 80 anni
Maria abitava a Rossano Calabro da dove era partita per recarsi in Trentino. Avrebbe voluto partire di mattina, per poter guardare il panorama dai finestrini, ma accettò la proposta di viaggiare di notte assieme alla figlia. Il treno su cui erano madre e figlia era in ritardo di due ore e arrivò alla stazione di Bologna solo verso le dieci. Maria Idria si sedette in sala d’aspetto e la figlia si incamminò verso la toilette per rinfrescarsi un po’ dopo il lungo viaggio. L’esplosione travolse Maria Idria che fu gravemente ferita. La figlia ritornò sui suoi passi, trovò la madre ancora in vita, l’aiutò a salire sull’ambulanza. Il ricovero all’ospedale Maggiore non riuscì a salvarla.

Antonio Montanari – 86 anni
Antonio era di Santa Maria Codifiume, in provincia di Ferrara, aveva fatto il mezzadro ed era in pensione. Da molti anni viveva a Bologna con la moglie con la quale era sposato dal 1920 ed aveva due figli. Aveva la passione delle carte ed era un vero “asso” a briscola, amava leggere i fumetti. La mattina del 2 agosto era andato all’autostazione per informarsi su alcuni orari delle corriere e stava ritornando a casa: aveva perso un autobus per un soffio e si era messo vicino al portico che sta di fronte alla stazione in attesa del bus successivo. A causa dell’esplosione numerosi oggetti si staccarono dall’edificio, uno di questi lo scaraventò a terra e lo ferì. Un amico che passava di lì per caso lo accompagnò immediatamente all’ospedale, dove Antonio morì per le ferite riportate. Con i suoi 86 anni è la vittima più anziana della strage.

Vito Ales – 20 anni
Vito viveva a Piana degli Albanesi, in provincia di Palermo, aveva un diploma come operaio specializzato ed era in attesa di trovare un posto di lavoro stabile. Quel due agosto stava andando a Cervia, sulla riviera romagnola, dove come nelle estati precedenti avrebbe lavorato in una pensione. Aveva perso la coincidenza per la città romagnola perchè il convoglio sul quale viaggiava dalla Sicilia era giunto a Bologna in ritardo e quindi alle 10,25 stava aspettando il treno successivo camminando sul marciapiede del primo binario dove fu ucciso dall’esplosione.

Mauro Alganon – 22 anni
Mauro era di Asti, viveva in casa con i genitori pensionati, lavorava come commesso in una libreria, era l’ultimo di tre figli ed era appassionato di fotografia. Era partito di prima mattina dal Piemonte con un amico per andare a Venezia. Occorreva cambiare a Bologna, ma un ritardo del treno fece sì che i ragazzi perdessero la coincidenza. Per questo motivo entrarono in sala d’aspetto. Era molto caldo e a turno i due amici uscivano a prendere un po’ d’aria. Alle 10, 25 Mauro era rimasto seduto a custodire i bagagli leggendo un giornale quando lo scoppio della bomba lo uccise. L’amico che era uscito si salvò.

Maria Idria Avati – 80 anni
Maria abitava a Rossano Calabro da dove era partita per recarsi in Trentino. Avrebbe voluto partire di mattina, per poter guardare il panorama dai finestrini, ma accettò la proposta di viaggiare di notte assieme alla figlia. Il treno su cui erano madre e figlia era in ritardo di due ore e arrivò alla stazione di Bologna solo verso le dieci. Maria Idria si sedette in sala d’aspetto e la figlia si incamminò verso la toilette per rinfrescarsi un po’ dopo il lungo viaggio. L’esplosione travolse Maria Idria che fu gravemente ferita. La figlia ritornò sui suoi passi, trovò la madre ancora in vita, l’aiutò a salire sull’ambulanza. Il ricovero all’ospedale Maggiore non riuscì a salvarla.

Natalia Agostini in Gallon – 40 anni
Natalia era di Bologna e lavorava come operaia alla Ducati Elettronica ed aveva due figli. Il due agosto era in stazione con il marito e con la figlia Manuela di 11 anni. Aspettavano il treno che avrebbe portato Manuela alla colonia estiva di Dobbiaco, in provincia di Bolzano. I tre si trovavano vicino alla sala d’attesa e il marito si allontanò per comprare le sigarette. Proprio in quell’istante scoppiò la bomba, il marito rimase ferito non gravemente mentre Natalia e la figlia Manuela furono travolte dalle macerie e ferite molto seriamente. Furono entrambe portate in ospedale in pericolo di vita: Natalia mori qualche giorno dopo mentre si stavano svolgendo le esequie di Manuela.

Anna Maria Bosio in Mauri – 28 anni
Anna Maria era una maestra e viveva con il marito Carlo e il figlio Luca a Tavernola, una frazione di Como. Venerdì primo agosto erano partiti verso Marina di Mandria, in provincia di Taranto per trascorrervi le vacanze. Giunti nei pressi di Bologna ebbero un incidente automobilistico: illesi ma l’auto si guastò. Per questo venne lasciata da un meccanico a Casalecchio di Reno, nei pressi di Bologna, e la famiglia Mauri decise di prendere il treno per raggiungere Brindisi e poi la località di villeggiatura. Il due agosto arrivarono in stazione poco prima dell’esplosione che li uccise.

Verdiana Bivona – 22 anni
Verdiana era un’operaia, viveva con i genitori e con uno dei suoi due fratelli a Castelfiorentino (Firenze) dove era nata e la sua famiglia aveva origini siciliane. Il due agosto era in stazione perchè stava andando in vacanza sul lago di Garda con due amiche e la figlia di una di loro. Lo scoppio della bomba ha ucciso Verdiana, la sua amica Maria Fresu e la figlioletta Angela. L’altra amica che era con loro è rimasta ferita e si è salvata.

Sonia Burri – 7 anni
Sonia era partita da Bari con i genitori e il due agosto era in stazione con loro e con i nonni materni, la sorella Patrizia Messineo, zia Silvana – la sorella della mamma – e le cugine. Lo scoppio la sorprese in sala d’aspetto: i soccorritori la trovarono viva ma in gravissime condizioni vicino alla sua bambola rossa. Morì in ospedale due giorni dopo. La bomba la uccise assieme alla sorella e alla zia.

Viviana Bugamelli in Zecchi – 23 anni
Viviana era di Bologna, diplomata in ragioneria aveva trovato un impiego in un’azienda agricola. Da pochi mesi si era sposata con Paolo che era un suo coetaneo e aveva appena annunciato di aspettare un bambino. Vivevano a San Lazzaro di Savena con i suoi genitori. Il due agosto erano entrambi in stazione per acquistare i biglietti per il treno e per il traghetto che li avrebbe portati in Sardegna all’inizio di settembre. Lo scoppio li uccise entrambi.

Nazzareno Basso – 33 anni
Nazzareno era di Numana, nelle Marche, aveva quattro figli e lavorava a Milazzo. Nel 1978, quando era carabiniere ausiliario a Chioggia, incontrò la sua futura moglie. Il due agosto Nazzareno era in stazione a Bologna, perchè, provenendo dalla Sicilia, stava andando a casa dei suoceri, a Caltana, nel veneziano, dove era la sua famiglia. Il treno con il quale doveva fare l’ultima parte del suo viaggio era in ritardo. Dopo aver telefonato per avvertire dell’inconveniente, entrò in sala d’aspetto dove lo scoppio della bomba lo uccise.

Katia Bertasi – 34 anni
Katia era nata a Stienta, Rovigo e viveva a Bologna con suo marito e i due figli: una femmina di 11 anni ed un maschietto di 15 mesi, era ragioniera ed era in stazione perché lavorava presso la Cigar, una società bolognese che si occupava della ristorazione all’interno della Stazione e che aveva i suoi uffici sopra alle sale d’aspetto. Alle 10,25 era nel suo ufficio quando la bomba scoppiava nei locali sottostanti: l’esplosione la uccise mentre stava lavorando. Assieme a lei morirono le colleghe Euridia, Franca, Mirella, Nilla e Rita.

Euridia Bergianti – 49 anni
Euridia era nata a Campogalliano in provincia di Modena, abitava a Bologna assieme ad uno dei suoi due figli ed era rimasta vedova nel 1975. Lavorava da tre anni alla Cigar una società che si occupava della ristorazione all’interno della Stazione di Bologna e che aveva i suoi uffici sopra alle sale d’aspetto. Il 2 agosto lo scoppio della bomba la uccise mentre era in servizio al bancone del Self Service collocato nell’ala ovest della stazione di fianco alla sala d’aspetto di seconda classe. Assieme a lei morirono le colleghe Franca, Katia, Mirella, Nilla e Rita.

Argeo Bonora – 42 anni
Argeo era un ferroviere, era nato a Galliera, in provincia di Bologna, aveva due fratelli, era sposato ed aveva 5 figli. Dal 1970 si era trasferito per motivi di lavoro a Salorno, in provincia di Bolzano. Il due agosto era in ferie e ne aveva approfittato per andare a trovare la madre che abitava a Saletto di Bentivoglio, in provincia di Bologna. La bomba l’ha ucciso in stazione a Bologna mentre aspettava il treno per ritornare a casa.

Francesco Betti – 44 anni
Francesco era un taxista originario di Marzabotto. Viveva con la moglie e il figlio di 2 anni a S. Lazzaro di Savena in provincia di Bologna. Il 2 agosto 1980 era in servizio davanti alla stazione di Bologna e si trovava con il suo taxi a circa trenta metri dal luogo dove era posizionata la bomba. Un masso lo ha colpito alla nuca ed è morto immediatamente.

Paolino Bianchi – 50 anni
Paolino lavorava come muratore in una cooperativa agricola e viveva in provincia di Ferrara a Castello di Vigarano Mainarda, con la madre di salute cagionevole. Tutti gli anni si recava ad Arco di Trento, sul Garda, per trascorrere poco più di una settimana con un’amica molto cara: era l’unica distrazione che si concedeva. Prima di partire aveva organizzato la casa e aveva comprato le provviste per la madre. Sabato due agosto era partito prestissimo ed era andato a Bologna per prendere il treno che lo avrebbe portato verso la sua destinazione. La bomba scoppiò mentre era in stazione.

Rosina Barbaro in Montani – 58 anni
Rosina era di Bologna, era sposata ed aveva una figlia e in agosto avrebbe festeggiato il 40° anniversario di matrimonio. Il due agosto stava partendo con il marito per trascorrere una vacanza sulla riviera adriatica: avevano deciso di prendere il treno, declinando l’invito della figlia ad essere accompagnati in auto. Erano sul marciapiede del primo binario e, mano nella mano, stavano andando verso il bar quando furono travolti dalle macerie causate dallo scoppio della bomba. Il marito rimase ferito e Rosina morì.

Irene Breton in Boudouban – 61 anni
Irène era originaria della Svizzera dove era nata a Boncourt. risiedeva a Delémont con il marito. Faceva l’orologiaia. Non sappiamo perché il 2 agosto fosse in stazione dove la bomba la uccise.

Antonella Ceci – 19 anni

Antonella era di Ravenna, aveva conseguito il diploma di maturità chimico- tecnica con il massimo dei voti e avrebbe dovuto cominciare a lavorare presso uno zuccherificio. Il due agosto era in stazione con il fidanzato Leo Luca Marino ad accogliere le sorelle di lui giunte dalla Sicilia per conoscerla. Sarebbero tornati tutti assieme a Ravenna per un breve periodo di vacanza, ma il treno su cui dovevano salire era stato posticipato alle 11 e per questo si trovavano in stazione al momento dello scoppio. Antonella, Angela, Domenica e Leo Luca furono ritrovati morti sotto le macerie.

Flavia Casadei – 18 anni
Flavia aveva frequentato la quarta liceo scientifico Serpieri a Rimini e si preparava ad affrontare l’ultimo anno di scuola superiore. Era partita da casa per raggiungere Brescia dove l’attendeva uno zio. Doveva prendere un treno a Bologna ma il ritardo del convoglio su cui era salita a Rimini le fece perdere la coincidenza. Decise così, assieme ad una ragazza di Cento (Ferrara), conosciuta durante il viaggio di entrare in sala d’aspetto. Lo scoppio della bomba le colse lì: Flavia mori, mentre la ragazza di Cento si salvò seppur sepolta sotto le macerie.

Davide Caprioli – 20 anni
Davide era di Verona dove viveva con i genitori, frequentava il primo anno di economia e commercio, voleva diventare commercialista e la sua passione era la musica: suonava la chitarra e cantava. Aveva trascorso un periodo di vacanze ad Ancona, presso la sorella. Sabato due agosto era ripartito perché la sera stessa doveva suonare con il suo complesso, il Dna group, e poi voleva riprendere a studiare. Era in stazione a Bologna in attesa di una coincidenza e stava guardando il tabellone con gli orari dei treni. Lo scoppio della bomba lo ferì molto gravemente, fu trasportato all’ospedale Maggiore in rianimazione dove morì 2 ore dopo il ricovero.

Mirco Castellari – 33 anni
Mirco era originario di Pinerolo in provincia di Torino, aveva a lungo vissuto a Frossasco dove il padre era stato Sindaco. Era capoufficio presso la ditta Vortex Hidra di Fossalta di Copparo e risiedeva a Ferrara, era sposato ed aveva un figlio di sei anni. In società con un amico aveva appena comprato una barca con la prospettiva di avviare una attività rivolta ai turisti. In quell’estate del 1980 il progetto era quello di sistemare il natante ormeggiato in Sicilia e di fare alcuni piccoli viaggi di rodaggio. Vari imprevisti fecero sì che Mirco ritardasse la partenza: il due agosto era in stazione e lo scoppio della bomba lo uccise.

Velia Carli in Lauro – 50 anni
Velia era nata a Tivoli, era titolare di una piccola impresa artigiana di maglieria e risiedeva a Brusciano, in provincia di Napoli. Di qui era partita con il marito Salvatore il venerdì primo agosto. La loro meta era Scorzè, in provincia di Venezia in cui si celebrava il funerale del consuocero. A Bologna dovevano cambiare treno, ma il convoglio su cui viaggiavano era arrivato in ritardo e quindi persero la coincidenza. La bomba scoppiò mentre aspettavano il treno successivo e li uccise entrambi lasciando orfani i loro sette figli di cui due molto giovani.

Cesare Francesco Diomede Fresa – 14 anni
Cesare era un ragazzo di Bari, assieme al papà Vito e alla mamma Errica era partito dalla loro città il venerdì primo agosto con il treno per evitare il traffico sull’autostrada. Il due agosto erano in stazione e lo scoppio della bomba li ha uccisi. Della famiglia rimase solo la figlia che non era partita assieme ai genitori e al fratello.

Errica Frigerio in Diomede Fresa – 57 anni
Errica era di Bari, era sposata con Vito ed insegnava lettere presso l’Istituto per Geometri “Pitagora”. Aveva due figli: una ragazza e un ragazzo di 14 anni. Venerdì primo agosto assieme al marito e al figlio Cesare erano partiti con il treno per evitare il traffico sull’autostrada. Il due agosto erano in stazione e lo scoppio li uccise. Della famiglia rimase solo la figlia che non era partita assieme ai genitori e al fratello.

Vito Diomede Fresa – 62 anni
Vito era di Bari, era sposato con Errica Frigerio e aveva due figli: una ragazza e un ragazzo di 14 anni. Era un medico impegnato nella ricerca sul cancro ed era direttore dell’Istituto di patologia generale alla facoltà di medicina. Era partito dalla sua città il venerdì primo agosto con il treno per evitare il traffico sull’autostrada, assieme a lui viaggiavano la moglie e il figlio. Il due agosto erano in stazione e lo scoppio della bomba li ha uccisi. Della famiglia rimase solo la figlia che non era partita assieme ai genitori e al fratello.

Roberto De Marchi – 21 anni
Roberto era rimasto orfano di padre nel 1970, la sua famiglia, composta da altri tre fratelli e dalla mamma Elisabetta viveva a Marano Vicentino. Roberto era il fratello più piccolo, era un valente e promettente pallavolista che militava nella Volley Sottoriva. Madre e figlio erano partiti da casa il due agosto di buon mattino con meta la Puglia: un lungo viaggio per andare a trovare alcuni parenti. La prima tappa era Bologna dove avrebbero dovuto prendere una coincidenza. Arrivati in stazione decisero di non uscire, ma di attendere il treno in sala d’aspetto. Roberto passeggiava sul marciapiede del primo binario quando l’esplosione causò il crollo della pensilina che lo travolse e lo uccise. La mamma fu uccisa nella sala d’aspetto.

Franca Dall’Olio – 20 anni
Franca era nata a Budrio, abitava a Bologna, era figlia unica e da quattro mesi soltanto lavorava per la ditta Cigar, una società che si occupava della ristorazione all’interno della Stazione e che aveva i suoi uffici sopra alle sale d’aspetto. Qualche attimo prima dell’esplosione era al telefono con un fornitore che era andato a consegnare della merce. Normalmente era lei a scendere e a controllare il materiale mentre quella mattina chiese invece al fornitore di salire. Questi le rispose che sarebbe arrivato entro poco tempo, ma l’esplosione la colse al suo tavolo di lavoro mentre controllava il libro della contabilità e la uccise. Assieme a lei morirono le colleghe Mirella, Euridia, Nilla, Katia e Rita.

Brigitte Drouhard – 21 anni
Brigitte era nata a Saules, in Francia, risiedeva a Parigi, faceva l’impiegata e aveva una passione per la poesia e per la letteratura italiana. Il due agosto era in stazione a Bologna perché stava aspettando un treno che avrebbe dovuto portarla a Ravenna. La bomba la uccise durante l’attesa.

Mauro di Vittorio – 24 anni
Mauro abitava a Torpignattara, nella periferia romana, era orfano di padre e aveva due sorelle ed un fratello. Nell’estate del 1980 si era messo in viaggio verso Londra dove sperava di trovare un lavoro. Arrivato in Francia scrisse sul suo diario di viaggio: «Mi permetto pure una colazione e all’una prendo il traghetto. Londra, eccomi. Dover con le sue bianche scogliere mi sta di fronte». Alla frontiera venne fermato e rimandato indietro perché non aveva denaro sufficiente per mantenersi. Fece quindi il viaggio a ritroso e il 2 agosto si trovava in stazione dove la bomba lo uccise. La famiglia e gli amici lo credevano a Londra ma il 10 agosto ebbero la notizia della sua presenza in stazione.

Antonino Di Paola – 32 anni
Antonino era di Palermo, aveva due sorelle ed un fratello, amava trasmettere alla radio e da 14 anni lavorava per la ditta Stracuzzi, specializzata in apparecchiature elettriche per la segnalazione ferroviaria. Aveva lavorato in diverse città: Palermo, Messina Caltanissetta, Monfalcone e Trieste. Nel gennaio 1980 era stato trasferito a Bologna dove aveva preso una stanza in affitto assieme al collega Salvatore Seminara, catanese di 34 anni. Il 9 agosto sarebbe tornato a casa per le ferie. Il 2 agosto era in stazione con Salvatore per aspettare il fratello di quest’ultimo che stava facendo il servizio militare e voleva trascorre due giorni di licenza a Bologna. Il suo treno doveva arrivare alle 10.15, ma era in ritardo e così Antonino e Salvatore entrarono nella sala d’aspetto di seconda classe. La bomba li uccise entrambi.

Berta Ebner – 50 anni
Berta era nata a San Leonardo in Passiria in provincia di Bolzano, aveva un fratello, non era sposata e viveva in casa con la madre. Faceva la casalinga. Non sappiamo perché il 2 agosto fosse in stazione dove la bomba la uccise.

Maria Fresu – 24 anni
Maria abitava a Gricciano di Montespertoli, in provincia di Firenze e la sua famiglia di origine sarda era composta dalla figlia Angela di tre anni, dai genitori e da sei sorelle ed un fratello. Era in stazione con Angela e due amiche perché stavano andando in vacanza sul lago di Garda. L’esplosione le colpì in sala d’aspetto. Maria, Angela e Verdiana Bivona, una delle amiche, morirono mentre l’altra amica rimase ferita. Del corpo di Maria non si ebbe traccia fino al 29 dicembre, quando gli ultimi esami sui resti rinvenuti fra le macerie confermarono il suo ritrovamento.

Angela Fresu – 3 anni
La sua famiglia di origine sarda era composta dalla mamma Maria, dai nonni e dai sette fratelli della mamma. Era in stazione con la mamma e due sue amiche perché stavano andando in vacanza sul lago di Garda. L’esplosione le colpì in sala d’aspetto. Maria, Angela e Verdiana Bivona, una delle amiche della mamma, morirono mentre l’altra amica rimase ferita. Con i suoi tre anni Angela è la vittima più piccola della strage.

Mirella Fornasari in Lambertini – 36 anni
Mirella viveva a Casalecchio di Reno, in provincia di Bologna, era sposata e madre di un ragazzo di 14 anni. Lavorava per la ditta Cigar una società che si occupava della ristorazione all’interno della Stazione e che aveva i suoi uffici sopra alle sale d’aspetto. Da qualche tempo il suo luogo di lavoro non erano più gli uffici in stazione ma quelli in via Marconi. Quel sabato che precedeva di poco le ferie estive era stato chiesto a Mirella di tornare nel suo vecchio ufficio e lei lo aveva fatto volentieri perché avrebbe rivisto le sue colleghe. L’esplosione la colse mentre lavorava e il suo corpo senza vita fu ritrovato solo a notte inoltrata. Assieme a lei morirono le colleghe Euridia, Franca, Katia, Nilla e Rita.

Manuela Gallon – 11 anni
Manuela era di Bologna, aveva superato gli esami di quinta elementare e si preparava ad affrontare le scuole medie. I genitori l’avevano accompagnata in stazione e stavano attendendo il treno che l’avrebbe portata alla colonia estiva di Dobbiaco, in provincia di Bolzano dove avrebbe dovuto trascorrere due settimane di vacanza. I tre si trovavano vicino alla sala d’attesa e il padre si allontanò per comprare le sigarette. Proprio in quell’istante scoppiò la bomba: Manuela rimase gravemente ferita, fu ritrovata e portata in coma all’ospedale dove morì 5 giorni dopo. La mamma morì e il padre rimase ferito.

Eleonora Geraci in Vaccaro – 46 anni
Eleonora era di origini palermitane e il due agosto era partita in auto con il figlio Vittorio di 24 anni che viveva a Casalgrande, Reggio Emilia. Dovevano recarsi alla stazione di Bologna per accogliere sua sorella proveniente dalla Sicilia. Lo scoppio della bomba li ha uccisi entrambi.

Francisco Gomez Martinez – 23 anni
Francisco (Paco) era catalano, aveva due sorelle e lavorava come impiegato in una azienda tessile di Sentmenat, in provincia di Barcellona dove era nato e dove viveva con la madre e una delle sorelle. Aveva cominciato a lavorare a 16 anni, era appassionato di arte e di pallacanestro, sport che praticava. Era anche attivo nel tessuto associativo culturale del suo paese. Tutto l’anno risparmiava i soldi per poter fare qualche viaggio d’estate. Era partito da casa il 29 luglio con l’intenzione di visitare diverse città europee. Nel suo viaggio in treno conobbe un ragazzo catalano e con lui decise di fermarsi qualche giorno a Bologna. Il 2 Agosto i due ragazzi si trovavano seduti nella sala di aspetto in attesa di un treno che li avrebbe portati a Rimini. Per ingannare l’attesa Paco scriveva alla fidanzata: nella lettera immaginava assieme a lei le ferie dell’anno successivo. Lo scoppio della bomba lo uccise, mentre l’amico che era con lui rimase ferito.

Carla Gozzi – 36 anni
Carla abitava coi genitori a Concordia in provincia di Modena ed era impiegata in un maglificio. Assieme al fidanzato Umberto Lugli di 38 anni aveva organizzato un viaggio alle isole Tremiti. Erano stati accompagnati in stazione con largo anticipo dal fratello di Umberto che poi tornò indietro. La bomba sorprese i due fidanzati che aspettavano il treno e li uccise.

Pietro Galassi – 66 anni
Pietro era nato nella Repubblica di San Marino, aveva una sorella e si era laureato in matematica e fisica. Prima di andare in pensione aveva insegnato in una scuola di Viareggio di cui in seguito era diventato preside. Non sappiamo perché il 2 agosto fosse in stazione dove la bomba lo uccise.

( tratto da https://www.facebook.com/cantiere2agosto/ )

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L’emozionante inno di Mameli delle pallavoliste azzure sorde.

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È un Inno di Mameli davvero straordinario ed emozionante quello interpretato dalle pallavoliste italiane in gara ai Giochi dei sordi a Samsun, in Turchia. Bravissime queste ragazze che hanno conquistato  la medaglia d’argento e GRAZIE   per averci emozionato per questa straordinaria versione dell’Inno di Mameli!.
Un bellissimo esempio a tutti noi che dovremmo amarla, ogni giorno, nuovamente ed orgogliosamente questa nostra Italia, il nostro bellissimo paese!
Paola

Nostalgia per lo sport autentico e per i campioni veri.

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500 milioni del PsG per Neymar: questo non è calcio, ne sport è follia.
Secondo me, inoltre, Neymar non ha nulla di speciale rispetto ad altri più bravi giocatori e allora perchè tutti questi soldi ?
Forse è colpa del mercato, con grande responsabilità dei suoi figuranti, che è impazzito: i procuratori ( che fanno il loro mestiere … come i boia, del resto), i club, i tifosi ( chissà se qualcuno di loro si chiede quanti ospedali, con questa cifra, si potrebbero costruire ).
Il calcio sta perdendo quello che è il senso che dovrebbe avere lo sport: la passione, il cuore e l’anima.
Io preferisco seguire le gesta di Gregorio Paltrinieri, Federica Pellegrino, Alessandro De Rose, Fabio Aru, come più indietro ho seguito Sara Simeoni, Pietro Mennea e i fratelli Abbagnale.
Se volete chiamatela nostalgia per lo sport autentico e i  campioni veri.
Paola

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Via del Campo

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” Non sono un ladro, né un assassino, sono un ribelle. Non vi riconosco il diritto di interrogarmi, perché qui, sono io l’accusatore. Accuso questa società matrigna e corrotta, in cui l’orgia, l’ozio e la rapina trionfano impuniti, e anzi venerati, sulla miseria e sul dolore degli sfruttati. Voi cianciate di furti, voi mi chiamate ladro come se un lavoratore che ha dato alla società trent’anni della sua avvilente fatica per poi non avere neppure il pane per sfamarsi, un cencio per coprirsi, un canile in cui rifugiarsi, potesse mai essere un ladro. Voi sapete bene che mentite, voi sapete meglio di me che è furto lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo, che se al mondo vi sono dei ladri, questi vanno cercati tra coloro che oziando gozzovigliano a spese dei miserabili, i quali producono tutto, con le proprie mani martoriate. […]
Io non tendo la mano a chiedere l’elemosina. Io pretendo che mi sia riconosciuto il diritto a riprendermi ciò che mi è stato tolto da una congrega di accaparratori, ladri e corrotti.
Non m’ingannate più. E, in cuor mio, non vi perdono.”

Dal discorso che l’anarchico Clément Duval pronuncia nel 1887 durante il suo processo (tratto da Nessuno può portarti un fiore di Pino Cacucci)

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“I Siciliani giovani”: un giornale da seguire.

Ricevo, pubblico, condanno l’atto intimidatorio rivolto a Giovanni Caruso  ed esprimo tutta la mia solidarietà a Giovanni, responsabile della redazione catanese, e a tutta la squadra de I Siciliani. Condivido con voi la nota ricevuta.

COMUNICATO DELLA REDAZIONE – I Siciliani giovani

Una busta contenente una copia dei Siciliani giovani e minacce di morte è stata recapitata nel pomeriggio del 19 luglio alla sede del giornale a Catania.
Le minacce erano specificamente destinate al responsabile della redazione catanese, Giovanni Caruso, che pochi giorni prima, presentando il giornale, aveva annunciato l’acquisizione di beni confiscati alle famiglie mafiose catanesi.
Sono in corso le indagini. Non si esclude la non casualità della data.
Riccardo Orioles

Giardini di Scidà @Mauro Biani

La busta è stata rinvenuta sotto la porta del Gapa, il centro d’iniziativa sociale che ospita la redazione.

– Il giornale accluso alla lettera minatoria riportava la foto dei redattori alla testa di una manifestazione antimafia indetta dai Siciliani. Dalla foto era stata ritagliata la testa di Caruso.
– Nella presentazione del giornale, avvenuta il 14 luglio nella popolare piazza Federico II, Caruso aveva annunciato la prossima apertura al pubblico di un bene confiscato, assegnato ai Siciliani, che hanno voluto chiamarlo Il Giardino di Scidà.
– Caruso aveva anche rivelato che l’ultimo numero del giornale era stato distribuito in tutta Italia su Tir confiscati alla mafia.
– E’ stata ritenuta opportuna ai fini delle indagini una non immediata pubblicizzazione dell’accaduto.
– Le attività dei Siciliani giovani proseguono regolarmente a Catania e in tutte le altre redazioni collegate.

Buona Notte

Buona Notte.
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La nostra razza e le mamme.

Arrivano le scuse della deputata Patrizia Prestipino, nominata da Renzi responsabile del dipartimento per la difesa degli animali del Pd, dopo le affermazioni che la stessa ha rilasciato ai microfoni Radio Cusano Campus, che hanno sollevato un vero e proprio polverone.
La deputata dem ( c’è da interrogarsi sulla selezione di questi rappresentanti al Parlamento ) aveva dichiarato: “In Italia nascono sempre meno figli, la genitorialità viene spesso lasciata da sola. Non ci sono più mamme in Italia, vi rendete conto che siamo il Paese più anziano d’Europa? Siamo un Paese che rischia tra qualche decennio di non avere più ragazzi italiani. Se uno vuole continuare la nostra razza, è chiaro che in Italia bisogna iniziare a dare un sostegno concreto alle mamme e alle famiglie. Altrimenti si rischia l’estinzione tra un pò in Italia”.

Da mamma e donna di centro sinistra trovo imbarazzanti queste dichiarazioni. Esiste solo una razza, quella umana ed anche il concetto che c’è dietro al dipartimento “Mamme” lo trovo retrogrado. E’ un concetto sorpassato e di altri tempi quello che vede la cura della famiglia un compito declinato esclusivamente al femminile.
Paola

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Diritti di cittadinanza: vincono i discriminatori e i quaquaraquà.

Ha vinto la paura, hanno vinti quelli di CasaPound e con loro la Lega e quelli di 5stelle: hanno vinto quanti discriminano. Tutto viene rimandato a settembre, come se si fosse agli esami di riparazione scolastici. Dopo la pausa estiva, poiché la “calura” non gioca a favore dei bambini e dei ragazzi detti con disprezzo stranieri, per quanto italiani di fatto.

Non so cosa succederà a settembre ma temo che il diritto di cittadinanza dei nuovi italiani, verrà rinviato a data da destinarsi.
La proposta di legge era buona e come si dice in questi casi “moderata”, proponeva di concedere la cittadinanza: ai nati in questo “patrio” suolo da cittadini non italiani – di cui almeno uno sia titolare del diritto di soggiorno permanente (extracomunitari) o del permesso di soggiorno UE di lungo periodo, almeno 5 anni – ( ius soli); in alternativa, nati in Italia o residenti in Italia dal 12° anno di età purché abbiano frequentato regolarmente corsi scolastici di istruzione per almeno cinque anni – o formazione professionale triennali o quadriennali, con esito positivo, idonei a ricevere una qualifica professionale – ( ius culturae). L’acquisizione della cittadinanza italiana, recita altresì la Proposta, non è automatica. Avviene dietro esplicita richiesta da parte di un genitore, entro il compimento del 18° anno di età.
Inoltre ai fini del riconoscimento della cittadinanza è previsto in maniera vincolante per i genitori il permesso di lungo periodo, sottoposto ai quattro precisi requisiti: almeno 5 anni di soggiorno valido un reddito non inferiore all’assegno sociale, 5.824 euro anno, la residenza in una casa appropriato con le norme di legge in materia, superamento di un test della lingua italiana.

I dati del MIUR – Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca -, pubblicati nel 2017, riguardo la popolazione scolastica straniera dicono: negli ultimi cinque anni gli studenti italiani sono diminuiti del 2,3% ( meno 193.000 unità), gli studenti non italiano sono cresciuti di 59.000 unità.
La presenza degli studenti senza cittadinanza italiana nelle varie gerarchie scolastiche è così rappresentata: nella scuola dell’infanzia sono 166.428 unità, 10,4% del totale; nella scuola Primaria i bambini senza cittadinanza sono 297.000, pari al 10,6%; nella scuola secondaria di primo grado 163.613 i ragazzi senza cittadinanza, vale a dire il 9,4% del totale; nella scuola secondaria di secondo grado i ragazzi non italiani sono 187.525, pari al 7% del totale. Nella graduatoria della distribuzione geografica nelle Regioni italiane, nelle prime quattro realtà territoriali gli studenti senza cittadinanza si trovano: Lombardia ( 203.979), Emilia Romagna ( 96.213), Veneto ( 91.853), Lazio ( 77.109).

Quindi, i giovani “stranieri” interessati, emarginati senza cittadinanza, sono figli di profughi/migranti residenti in Italia ormai da molti anni.

Continuare a privare della cittadinanza italiana questi ragazzi e ragazze nati, cresciuti, istruitosi in Italia, coesi e socializzati con i cittadini in generale, italiani di fatto, senza la conseguente acquisizione dei diritti civili, sociali e politici, e dei doveri, – previsti dall’ampio ventaglio delle leggi vigenti nel nostro Paese e in linearità con i principi fondamentali della nostra Costituzione, in coerenza con quanto avvenuto nella gran parte dei paesi europei – è un atto inaccettabile di discriminazione, di vigliaccheria civile e democratica.
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Credo sia compito di chi ha a cuore la difesa dei Valori fondativi della nostra Costituzione –  l’associazionismo civile, sociale e sindacale,  le organizzazioni cattoliche – riprendere le trame dell'”Italia sono anch’io” per manifestare l’indignazione contro gli attacchi razzisti e fascisti per riaggregare i tanti milioni di cittadini che, ancora rappresentano il nucleo vitale della democrazia italiana che, come me, sgomenti assistono a questa disfatta.
Una situazione drammatica, di grande allarme per gli uomini e le donne che hanno a cuore la tenuta democratica del nostro Paese, specie per le bimbe, i bimbi, le ragazze e i ragazzi che dovrebbero al fine beneficiare dei contenuti della Proposta di Legge, per essere cittadini a tutti gli effetti.

Paola

 

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Parole inopportune ed inaccettabili

Riguardo le esecrabili ed inaccettabili esternazioni del consigliere comunale PD di Ancona, Diego Urbisaglia che non conosco e me ne vanto, sulla vicenda G8 Genova e la morte del giovane Giuliani, riporto il breve e circostanziato commento della signora Haidi Giuliani madre di Carlo.

“Quel signore può vergognarsi! Non so cosa possa sapere di quanto accaduto in piazza Alimonda quel giorno, non so cosa conosca della morte di mio figlio. Non mi interessa cosa dice quel politico. Per me può solo vergognarsi”.

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Parole di una madre che condivido pienamente.Tutta la mia solidarietà e vicinanza alla sig.ra Haidi. Mi chiedo che necessità c’era di rievocare ed infierire su quei tragici avvenimenti, quale lo scopo di ricordare una pagina nera della storia della nostra Repubblica che ha visto alla fine, oltre a diverse persone venire picchiate selvaggiamente, due povere vite e due famiglie sprofondare nel dolore e nella solitudine.
Rispetto ed educazione prima della voglia di apparire, una regola che deve valere per tutti, senza guardare le appartenenze politiche.
Paola
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Eroi ( anche solo per un giorno )

 

    Una nota per ogni domenica

                                                                                        –

Amo questa canzone di David Bowie, una canzone bellissima ed emozionante, “Heroes” . Racconta, una storia di un alcolizzato e di una prostituta, che si trovano ad essere eroi per un giorno, scambiandosi un bacio “come se niente potesse accadere” sotto i fucili spianati, davanti al muro di Berlino.

Una sfida contro tutto e tutti. Le sfide che tutti i giorni siamo chiamati a vivere,  tutti noi,  gente straordinariamente comune, a volte per un giorno solo, a volte per una vita intera, che è però come un unico lunghissimo giorno.

Eroe nel linguaggio cristiano si dice santo e il nostro tempo ne ha bisogno, disperatamente bisogno.

Brecht diceva “Beato il popolo che non ha bisogno di eroi”. Credo sia vero il contrario, non dobbiamo mortificare  l’aspirazione al di più, all’eroismo, se lo facciamo perdiamo il carattere più umano della nostra umanità, lo slancio a superare noi stessi che ci caratterizza come persone, l’ansia di perfezione e bellezza che ci spinge ogni giorno ad essere migliori.

Buona Domenica a tutti Noi,

Questo il testo:

 E tu, tu puoi essere mediocre
E io, io berrò tutto il tempo
Perché siamo amanti, e questo è un fatto
Si siamo amanti, è proprio così

Sebbene niente ci terrà uniti
Potremmo rubare un po’ di tempo,
per un solo giorno
Possiamo essere Eroi, per sempre
Che ne dici?

Io, io vorrei che tu sapessi nuotare
Come i delfini, come i delfini nuotano
Sebbene nulla,
nulla ci terrà uniti
Possiamo batterli, ancora e per sempre
Oh possiamo essere Eroi,
anche solo per un giorno

Io, io sarò re
E tu, tu sarai la regina
Sebbene niente li porterà via
Possiamo essere Eroi, solo per un giorno
Possiamo essere noi, solo per un giorno

Io, io posso ricordare (mi ricordo)
In piedi accanto al Muro (accanto al Muro)
E i fucili spararono sopra le nostre teste
(sopra le nostre teste)

E ci baciammo,
come se niente potesse accadere
(niente potesse accadere)
E la vergogna era dall’altra parte
Oh possiamo batterli, ancora e per sempre
Allora potremmo essere Eroi,
anche solo per un giorno 

***

19 luglio 1992

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Il 19 luglio, è l’anniversario dell’assassinio del giudice Paolo Borsellino, e dei componenti della sua scorta ( Emanuela Loi, Agostino Catalano, Walter Eddie Cosina, Vincenzo Li Muli, Claudio Traina),  dopo che  lo scorso 23 maggio, abbiamo fatto memoria di Giovanni Falcone, della moglie e degli agenti di scorta.

Purtroppo però l’Italia è un Paese dove la legalità viene ampiamente celebrata, ma molto poco praticata.

 

Spesso si ha la sensazione che nel nostro Paese si stia diffondendo, a macchia d’olio, un substrato di illegalità che trova la propria origine da una forma di individualismo e di avidità che ha colpito la nostra società.

 

L’esempio e il ricordo di Paolo Borsellino e di tutti i servitori dello Stato caduti per l’impegno quotidiano al rispetto della legge devono spingere tutti noi cittadini ad agire verso la legalità e questo non è un tema che dobbiamo e possiamo demandare ad altri.

Paola

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Solidarietà al primo cittadino ed alla famiglia Pugnaloni

Solidarietà al primo cittadino di Osimo ed alla famiglia Pugnaloni per il gravissimo e vile gesto vandalico subito presso il cimitero di San Giovanni nei confronti della tomba di famiglia. Nulla può giustificare tanta bassezza umana.
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La Presidente del Consiglio Comunale di Osimo
************Paola Andreoni

 

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Ricevo dall’Aned e pubblico: l’apologia di fascismo è un reato previsto dal nostro ordinamento che va applicato.

Ho  ricevuto il seguente comunicato dell’ANED (Associazione Nazionale Ex Deportati nei campi nazisti) che condivido e pubblico.
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E’ questa l’aria che si respira oggi in Italia, quella di una inaccettabile intolleranza abbinata ad un  distorto modo di pensare, per cui si ritiene di poter spacciare per diritto alla libertà di espressione l’incitamento al razzismo, alla discriminazione, all’odio.
A volte, e la storia ce lo ha dimostrato, le parole possono diventare armi pericolose: veri e propri incitamenti alla violenza fatti passare per opinioni, spesso conditi con notizie false e tendenziose.
Comportamenti, come quello denunciato dall’ANED, che prefigurano l’apologia di fascismo ( un reato previsto dal nostro ordinamento), vanno stigmatizzati  e rigorosamente  denunciati e sanzionati.
Paola Andreoni

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Di ritorno da: Crova, Salasco, Torino e Valsavaranche

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E’ stata una vacanza particolare quella che ho vissuto dai parenti  a Crova e  Salasco. L’occasione ce l’hanno offerta Marco e RoseMary, gli sposi, che hanno dato vita, lo scorso sabato pomeriggio, ad una bellissima cerimonia. Dopo lo scambio delle promesse nuziali, nella bellissima Chiesa Santa Maria Assunta di Salussola, Marco e Rosemary, insieme a tutti noi invitati ci siamo trasferiti nella bellissima Tenuta Castello di Cerrione per i festeggiamenti. Una bellissima ed indimenticabile serata tra le colline biellesi con gli amici e tutti i parenti di Marco e RoseMary,  tutti insieme a festeggiare ed augurare ai novelli sposi, una vita insieme piena di amore.

L’Accoglienza, l’ospitalità, la disponibilità, la simpatia, la generosità di Rita, Lidia, Francesco, Paola, Carlo hanno caratterizzato questi sei giorni  in una terra straordinaria fatta di persone straordinarie. Due osimane, Lidia e Rita Stronati,  che giovanissime hanno lasciato la natia Osimo per trasferirsi tra le risaie vercellesi dove vivono nel calore  delle loro belle famiglie.
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In questi giorni intensi c’è stato tempo, oltre che ad una breve gita a Torino, anche per una bella escursioni nelle montagne della Val d’Aosta, il tutto grazie alla nostra guida Carlo. Due bellissime camminate in Valsavaranche. Oltre alla visione di spettacolari catene montuose, che hanno fatto da sfondo al sempre stupendo paesaggio, i nostri sguardi si sono posati  sui paesi incastonati sui versanti della montagna, sulle colatoie d’acqua che scendono a valle in torrenti impetuosi e sulla cima innevata del Grand Paradiso. Due belle  camminate di 6 ore in alta quota, in un panorama indimenticabile con la montagna che sembrava sussurrare: “Il Paradiso vi attende”.
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Un grazie e un abbraccio  di cuore a tutti Voi.

Paola

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6 luglio 1944 Osimo è libera: dai Diari di Guerra di Mons. C.Grillantini, don Fulvio Badaloni ed altre testimonianze

6 luglio 1944
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Truppe Polacche in Osimo
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dal “Diario di Guerra” di Mons. C.Grillantini

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Giorno fatale e fatidico !
ore 3
: Dopo un lungo girare di aereo, gran sibilo come di aviogetti in picchiata e terribile scoppio, il più spaventoso di questi giorni. Tutti saltiamo dai nostri letti ( io ho dormito le notti precedenti al 1° piano, nel mio studio, ma questa notte, addirittura dentro la dispensa al pianterreno, con altre cinque o sei persone) e ci precipitiamo lungo le scale del sotterraneo ora colmo di rifugiati. Saranno almeno 600 . Con me trovano alloggio quegli altri otto  o dieci che dormono su sedie presso il pozzo, e glia altri 12 che dormono su  sedie  a sdraie e panche della Chiesa, nella legnaia  e nell’andito attiguo. Poi, più nulla, quantunque avessimo tutti l’animo disposto alla solita musica.
ore 5,30: Qualcuno che ha fatto capolino dalla porta vede qualche partigiano con il mitra; attende , e ne passano altri ( tutti vestiti in kaki e al petto una coccarda con un segno rosso) ma nessun tedesco.
E’ gran silenzio. Nasce una speranza che senza rumori di artiglieria, nè spari di sorta, con il passare del tempo si consolida.
Giunge l’annunzio al rifugio. Ci si alza un po’ inebiti. Si corre sopra; è vero!.
ore 7,30: passa, dopo alcune motocarrozzette isolate, una compagnia di alleati. Dicono siano polacchi  e russi. Battimani e gioia incontenibile.  Poco dopo, un piccolo corteo di partigiani  – a capo del quale troneggia su un piccolo cavallo  Sportella .
Porta 12 prigionieri, ognuno dei quali è affiancato da una coppia di partigiani  con mitra. Si dice che in tutta la zona circostante ce ne siano razziati, con questi altri tre-quattrocento.
Appaiono i primi manifesti tricolori, portati dai partigiani e recanti il saluto alle truppe alleate e l’invito alla gioia, non disgiunta dalla serena calma. Più tardi altro manifesto del Comitato Nazionale di Liberazione costituitosi in Governo Provvisorio.
Più tardi ancora striscioni con sopra scritto:

Viva il Gen. Alexander  – Viva la libertàViva l’esercito polaccola brigata Garibaldinagli animosi del G.A.P.

Verso le 8 una compagnia di soldati polacchi è accolta molto festosamente in città. Molte case invitano i giovani. Giudicando tuttavia opportuno che la guerra non è finita, faccio un doppio giro per le principali vie e piazze, avvertendo tutti di stare molto vigilanti, per l’eventuale reazione tedesca, che infatti comincia  poco dopo. Gli imprevidenti pagano con la vita : Vincenzo PALLOTTA e Brugè al Borgo; la figlia di Gigio lo stalliere al Duomo, e forse qualche altro. Ieri sera, per voler soccorrere un tale che chiamava aiuto,  Carlo BATTAGLINI si è preso una pallottola ed è morto.  L’uomo di Suardi, tale Polentò ha incontrato la stessa sorte, non so se per qualche altro motivo.
Debbo subito preoccuparmi del vitto per il mio rifugio; e porto al fornaio un Q,le  di farina: mancandogli il carbone, mi reco dal Comitato di Liberazione e poi dalla Segreteria del Comune, ottenendo un’ordinanza scritta tutta a mano ( avendo i tedeschi portato via tutte le macchine da scrivere sia della Prefettura, quanto dal Comune.

Raccolgo altre impressioni dell’importantissima giornata: i polacchi riferiscono che, dopo Ortona, non avevano trovato una tale  resistenza come quella di Osimo. La coccarda dei partigiani è una stella a 12 punte costituita da tre quadratini di diversa grandezza e di colore rispettivamente: bianco, rosso  e verde sovrapposti, in modo da alternare gli angoli. Ma i politici non la vogliono, come non la vuole il Commissario, sapendo troppo di comunista. Faranno il Sindaco e ristabiliranno i Carabinieri, con tanto di reali. Abbiamo la spiegazione del perchè fu fatto saltare il viadotto Barbalarga, a mezzogiorno: per obbligare gli alleati a transitare rimanendo sotto il controllo di chi domina il Monte della Crescia e Santo Stefano ( dove sono ora appostati i tedeschi). Ma la rivelazione più interessante è la seguente: il cavallo di Troia o l’ultimo bicchiere che costituì il punto critico ( nel quale la situazione questa notte cambiò improvvisamente) fu offerto dai partigiani, i quali – vista la impossibilità da parte degli alleati di entrare in città, fintano che le porte erano presidiate da mitragliatrici e cannoni – questa notte, ad ora convenuta, si sono appostati in vari angoli di vie e piazze mostrando appena le canne dei mitra. I pochi tedeschi, alla domanda: chi va là ? fascista ? Si sentivano rispondere: English e sparare addosso. I primi sette o otto morti convincono i tedeschi che gli alleati da qualche parte sono entrati, e si decidono a compiere quel passo cui prima o poi sapevano di dover ridursi. Ci hanno detto ancora i Polacchi che: ove la liberazione non si fosse compiuta oggi, i loro Comandanti avrebbero domandato l’intervento dell’armata aerea alleata. E allora… addio Osimo e gli Osimani !.

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dal “Diario del fronte di Guerra” di don Fulvio Badaloni parroco di San Paterniano di Osimo
tratto dal libro “Quota 360 il Monte della Crescia” di Carlo Gobbi

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Notte insonne per gli spari continui: un terrore indicibile invade gli animi di tutti. Al mattino, mentre don Alberto Passeri si veste per celebrare la messa, due soldati della polizia tedesca armati di ogni specie , gli intimano di andare con loro, perchè qualche ora prima, obbligato a lavorare per abbattere le querce ( che si trovavano nel tratto di strada accanto alla nuova chiesa), onde sbarrare la strada insieme col vecchio padre ed altre persone ( Nello Scarponi, Umberto cenci, Papa Emilio quest’ultimo uno sfollato di Ancona), si era allontanato  – col consenso di un ufficiale – per venire in Chiesa. E’ costretto a seguirli. Intanto si vedono già i primi incendi locali e circolano notizie di sanguinosi combattimenti e di numerose vittime. Al mattino vengono altri sfollati, che altrove non credono di essere abbastanza sicuri. Ora siamo ( 70 persone):
– famiglia del parroco n. 4 persone;
– famiglia Andreoni Emidio n. 4 persone;
– famiglia Cardellini Nazzareno n° 8 persone;
– famiglia Vaccarini Tommaso n° 8 persone;
– famiglia Cola Caffiero n° 6 persone;
– famiglia Vaccarini Tommaso n° 8 persone;
– famiglia Ceccarelli Renato n° 6 persone;
– famiglia Cannelli Otello n° 6 persone;
– famiglia Perinetti Maria n° 6 persone;
– famiglia Orlandini n° 6 persone;
– sfollati provenienti da fuori n° 8 persone.
Sono avvistati i primi carri armati alleati. Verso le 17 i Polacchi con camionette si avanzano e avviene un grave scontro con tiri di mitraglia con i Tedeschi tra il palazzo della sig.ra Lalla ( signora Adelaide Giardinieri un bella figura di donna che si prodigò in generosità , rimasta vedova da giovane, di un medico) e la scuola. Carletti Nazzareno aveva guidato i polacchi . Incendio da Vaccarini. Alle ore 20 una cannonata colpisce il ciglio della finestra della stalla, un fitto e nero polverone invade il primo piano: è la guerra in casa.

Andrzej Horoch

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dal libro “Passa il fronte nella Valle del Musone” di Massimo Morroni

(testimonianza resa dal dott. Amilcare Cristallini)

Di primo mattino, fra gli applausi della popolazione, entrano in Osimo i militari polacchi seguiti dai partigiani che si portano dietro prigionieri tedeschi. Dalla finestra ( abitavo nei locali attualmente occupati dall’ufficio del notaio Bellaspiga) assisto alla sfilata la quale mi annuncia che il faticoso compito di Commissario è finalmente terminato ( il 30 ottobre 1943 era stato nominato Commissario Prefettizio di Osimo). Giudico tuttavia opportuno recarmi in Comune – anche col rischio di incappare in qualche scalmanato – poichè la mia assenza potrebbe essere interpretata come un riconoscimento di colpa. Consapevole di aver fatto soltanto il bene di Osimo verso le 11.00 raggiungo il Comune e, saputo che nell’Ufficio già occupato dal Prefetto c’è l’avv. Oddo Marinelli ( Presidente del Comitato di Liberazione) mi faccio annunciare. Egli mi riceve subito, mi viene incontro tendendomi la mano, mi ringrazia per l’opera svolta e mi prega di rimanere in carica fino alla nomina del Sindaco. Confesso che non mi aspettavo un’accoglienza così cordiale ed un riconoscimento così franco, tanto più che non l’avevo mai visto né conosciuto.

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opera di R.A. Schiavoni, Sfilata dei liberatori lungo il Corso

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Il nostro Comune e gli osimani non hanno mai dimenticato  la generosità, il coraggio e la fede dei soldati e del  popolo polacco per il contributo dato alla   liberazione dell’Italia e della nostra città dal nazifascismo.
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Osimo è stata liberata anche grazie al sacrificio della vita di tanti giovani osimani. Giovani partigiani che non si piegarono alla tirannia e sacrificarono la loro vita per la libertà della nostra città e per l’Italia Repubblicana. Non possiamo essere un popolo che dimentica il suo passato.
Le stele e i piccoli monumenti sparsi per Osimo vogliono essere un ricordo alle giovani generazioni , un ricordo che dobbiamo conservare e mantenere sempre vivi e che mai nessuno negherà.

Ai partigiani caduti , stele sotto le Logge comunali

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La Presidente del Consiglio Comunale di Osimo
*********Paola Andreoni

 

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Ciao Paolo

Ciao Paolo, grazie per i sorrisi che ci hai regalato!
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