Osimo calls World: Giulia Manzotti

Manzotti Giulia nata a Loreto il 19 marzo 1986.

Osimana della frazione della “Staziò”, ora  nella Terra dei leggendari Vichinghi, e nella Terra del sole di mezzanotte, da sempre , culla di scrittori e patria delle fiabe.

Giulia Manzotti,  una osimana  in Norvegia

Mi chiamo Giulia Manzotti e sono nata a Loreto nel 1986. Attualmente vivo in Norvegia nella città di Moelv e sono bibliotecaria universitaria presso l’Università’ Norvegese della Scienza e Tecnologia NTNU, campus Gjøvik.
Dopo aver passato i primi sei anni della mia infanzia a Porto Recanati, la mia famiglia si è trasferita a Osimo Stazione dove sono rimasta fino ai primi vent’anni. Posso quindi definirmi una “Senza testa” d.o.c., sebbene qualche osimano potrebbe obiettare che invece sono solo una “della Stazió”.
Ho frequentato la scuola elementare e media di Osimo Stazione, e poi il Liceo Linguistico di Recanati dove mi sono diplomata nel 2005. Ad Osimo Stazione ho frequentato la palestra “Futura” e praticato la pallavolo nelle varie categorie giovanili.
Riguardo “la mia formazione personale “,  ci tengo a menzionare il lavoro stagionale estivo come cameriera che per circa sette anni di seguito ho svolto  presso il  ristorante “La Tavernadi Sirolo. Una esperienza molto importante ed istruttiva perché anche quella è stata “scuola” per me. Lì infatti tra il preparare la sala, apparecchiare i tavoli, accogliere la clientela, annotare le ordinazioni, servire cibi e bevande, parlare con la clientela per accertarsi del loro stare a proprio agio,  ho imparato la responsabilità, il rispetto e mi sono potuta esercitare nell’uso delle lingue straniere.

Il mio amore per la lettura e per i libri come mezzi di informazione, scrigni della nostra cultura e dell’eredità del passato è nato nella mia infanzia ed è stato sicuramente rafforzato alle elementari dalla maestra di italiano Oretta Luna, che ricordo con molto affetto.
Ricordo  ancora l’emozione per la visita, organizzata dalle maestre, alla Biblioteca civica di Osimo. L’edificio storico, l’atrio con lo schedario, il silenzio delle sale di lettura mi affascinarono. Sono stata, poi in seguito, un’assidua frequentatrice della Biblioteca osimana durante tutto il periodo delle elementari, medie e della adolescenza. Appassionata di gialli ed horror sin da piccola, ho forse letto tutti i libri della collana “Piccoli brividi” presenti negli scaffali della “F.Cini”, tant’è che, ricordo con simpatia il bibliotecario il quale, alla restituzione dell’ennesimo libro, mi poneva sempre la stessa domanda, come un barista che sa quale caffè prenderai: << Sempre “Piccoli brividi” ?>>.
Il bisogno di conoscere e preservare il patrimonio archivistico e librario italiano ha fatto sì che mi iscrivessi alla Facoltà di Scienze dei beni culturali di Fermo. Lì ho conseguito la laurea triennale in Scienze dei beni archivistici e librari, per poi trasferirmi a Firenze per il conseguimento del master in Scienze biblioteconomiche.
Da Firenze sono partite le mie esperienze lavorative come bibliotecaria.
Ho avuto la fortuna di lavorare (anche solo con brevi contratti) alla Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, all’European University Institute sempre a Firenze, e poi alla biblioteca del NATO Defense College di Roma.

Nel 2013 ho avuto un contratto a tempo determinato presso la biblioteca del CERN di Ginevra. Da qui è poi iniziata la ricerca di un posto di lavoro fisso.
Sono approdata in Norvegia nel dicembre 2013. Il mio contratto presso la biblioteca del CERN stava per scadere e non riuscivo a trovare un posto fisso in Svizzera, per non parlare dell’Italia dove gli sporadici e sovraffollati concorsi per bibliotecario non lasciavano una speranza di lavoro a tempo indeterminato nel prossimo futuro.
Trovare un altro lavoro che non fosse quello di bibliotecario non era mai stata un’opzione per me. Nell’ottobre dello stesso anno avevo risposto a vari annunci di lavoro in Scandinavia, tra cui quello dell’università per cui lavoro ora.
Cercavano un bibliotecario laureato con master specializzato in catalogazione, che parlasse inglese fluente e che fosse disposto a imparare il norvegese (bokmål). Il colloquio andò talmente bene che mi assunsero subito. Dopo qualche anno, ho conosciuto il mio compagno e la scelta di rimanere in Norvegia si è consolidata.

La mia famiglia mi ha sempre appoggiata in tutte le mie scelte e nel mio peregrinare per l’Italia e per l’Europa. Cerco di tornare in Italia almeno tre volte l’anno, sebbene quest’anno non sia stato possibile per via del coronavirus. L’appoggio della famiglia è stato anche importante nei momenti di sconforto che credo accompagnino quasi tutte le permanenze all’estero, provvisorie o definitive che siano.
È normale che vi siano alti e bassi, a volte ripensamenti. Ho avuto la fortuna di avere colleghi molto premurosi, che mi hanno fatto sentire subito parte della squadra e hanno reso più facile l’apprendimento della lingua e l’adattamento alla mancanza di luce (durante il periodo invernale abbiamo solo 4 ore di luce).
Il supporto dei connazionali è stato sicuramente molto importante. La Norvegia è “piccola” se vista dal punto di vista demografico, e le voci corrono velocemente.
La rete degli italiani in Norvegia è ben radicata, e sono stata subito contattata da italiani residenti a Gjøvik. Quando ho pensato di essere l’unica bibliotecaria italiana in Norvegia, ho presto scoperto che invece eravamo in tre. Non ho incontrato nessun osimano per il momento, ma persone provenienti dal circondario e ovviamente da altre regioni italiane.
Dopo che ho incontrato Asle, il mio compagno norvegese, le cose sono andate molto meglio!! Ci siamo conosciuti all’università dove lavoro. Asle stava prendendo una seconda laurea in infermieristica e frequentava molto la biblioteca. Essendo entrambi introversi e timidi non abbiamo mai attaccato discorso, fino a che un suo amico ci ha fatto conoscere e da cosa è nata cosa.

La vita qui è molto più tranquilla rispetto a quella a cui ero abituata in Italia. Gli stipendi sono più alti, e trovare una lavoro fisso è sicuramente più facile se si conosce una delle due lingue nazionali norvegesi.
La burocrazia è più snella rispetto a quella italiana, i siti web istituzionali chiari e facili da usare. Si può fare quasi tutto online: da quando vivo qui, ad esempio, non sono mai andata in comune per sbrigare pratiche, e in banca solo due volte.
Credo che l’Italia abbia molto da imparare dalla democrazia norvegese. Qui i diritti del cittadino sono veramente rispettati e vanno oltre i giudizi (forse pregiudizi?) di natura etica o religiosa dei singoli.
Qualche esempio: la Chiesa norvegese, la comunità protestante e quella cattolica condividono lo stesso edificio per le proprie celebrazioni.
Il matrimonio delle cosiddette “coppie di fatto” è possibile da molti anni. L’adozione o l’affidamento è possibile sia per coppie etero o omosessuali che per genitori single.
Coppie giovani, giovani madri/padri single, studenti con figli a carico ricevono addirittura delle agevolazioni dallo Stato.
Ma la cosa che apprezzo di più’ della cultura norvegese specialmente in questo momento psicologicamente pesante per via del coronavirus è l’attenzione alla salute psichica. È possibile, per esempio, dedicare un’ora alla settimana a un’attività fisica durante l’orario di lavoro.
Con i miei colleghi bibliotecari abbiamo iniziato la pratica del “walk-and-talk”, che consiste nell’incontrarsi una volta mese all’aria aperta per parlare di lavoro e mantenere saldo il legame in questo periodo di smart working.
***
Moelv
, la città dove vivo, sorge sul lago più grande della Norvegia chiamato Mjøsa e in più si trova sul lato “giusto” del lago: i paesi che sorgono dal nostro lato hanno il sole tutto il giorno, mentre quelli dall’altra parte del lago (come Gjøvik) hanno il sole solo al mattino, perché il resto della giornata è nascosto dietro alle montagne. Come avrete forse capito, le rivalità tra città limitrofe esistono anche qui in Norvegia, anche se tutti i paesi che sorgono sul lago
Mjøsa hanno in comune un detto, che recita più o meno così: “È lo stesso dove io mi trovi nel mondo, l’importante è che veda il Mjøsa”.
Moelv ha lo status di città, ma è davvero piccola. Il suo motto è “la piccola città dal cuore grande”.Devo infatti ammettere che gli abitanti di Moelv (chiamati modøler) sono più “calorosi” rispetto agli altri abitanti del circondario. Purtroppo non ci sono attrazioni per i giovani, anche se lo sport va per la maggiore come attività ricreativa dopo la scuola. È molto comune che bambini e ragazzi vadano anche a scuola di musica. Quasi tutti sanno cantare o suonare uno strumento. Una cosa che non smetto mai di dire e che vale per tutte le città norvegesi è che per sentirsi integrati bisogna partecipare il più possibile alla vita sociale e trovarsi hobby. Così si migliora la lingua facendo quello che ci piace e la rete delle conoscenze si amplia al di fuori del lavoro. Da amante della natura come sono, mi sono quasi subito iscritta ad attività e corsi su il riconoscimento dei funghi e sulla mappatura di piante e funghi volto alla salvaguardia delle diversità delle specie. Sono anche stata segretaria dell’associazione micologica locale. Spero un giorno di poter dare l’esame per diventare controllore di funghi ed erbe selvatiche.
Se avete modo di visitare e questa contea della Norvegia vi consiglio un giro sullo Skibladner, il vaporetto più antico della Norvegia ancora in funzione che vi permetterà di navigare sul Mjøsa e che attracca presso le tre città di Gjøvik, Moelv e Hamar. Se amate gli sport invernali è possibile visitare lo stadio Vikingskipet, che ha ospitato le olimpiadi invernali nel 1994 . I percorsi naturalistici sono tanti e spettacolari. Se avete la macchina, è possibile guidare fino a Løten, luogo di nascita del pittore Edvard Munch e la vicina città Lillehammer, anch’essa sede delle Olimpiadi 1994 ( oro di Debora Compagnoni nello slalom e  due ori, alla nostra campionessa Manuela Di Centa nel fondo) e rinomata meta sciistica.
Dell’Italia,  mi manca la famiglia, ma anche le altre persone care e il calore umano. Di Osimo mi mancano il centro storico, l’arte che dirompe in ogni angolo, la bellezza delle nostre chiese, la calma dei giardinetti, la vista dei Sibillini dalle mura.
Ovviamente mi manca anche il cibo locale, specialmente i biscotti di mosto di Sopranzetti. Anche Asle, anno scorso, per la prima volta ha visitato Osimo, ed è rimasto molto colpito dall’ “aria storica” che si respira, girando per la città. Essendo un amante della storia, ha apprezzato molto le mura romane e l’architettura dei nostri palazzi in generale, ma anche i giardini e gli scorci con la vista sui Sibillini che si ammirano da Piazza Nuova.
Ogni volta che torno a casa trovo Osimo Stazione cambiata. Le persone “storiche” che conoscevo una volta non ci sono più o hanno chiuso i propri negozi e questo mi da un grande senso di nostalgia. Nonostante la frazione cresca in maniera esponenziale dal punto di vista residenziale, percepisco Osimo Stazione come un posto “di passaggio” dove la gente si ferma solo per prendere un caffè o a comprare due cose. Le attrattive per i giovani sono nulle e i luoghi ricreativi scarsi. Sarebbe bello avere spazi verdi più curati e sicuri (erba tagliata periodicamente, recinzioni mantenute meglio), con giochi
ma anche attrezzi da ginnastica come vedo qua in Norvegia. Lo sgambatoio per i nostri amici animali dovrebbe essere più’ grande e mantenuto meglio. A giudicare dai video che vedo su Facebook riguardanti i pochi eventi pubblici che trovano sede a Osimo Stazione, la gente non sembra essere interessata e non partecipa (non solo adesso con il Covid, anche prima). C’è’ un senso di comunità che manca, e che andrebbe costruito.

A tutti i giovani che vorrebbero trasferirsi all’estero vorrei dire di seguire sempre i propri sogni e di ricordarvi che la nostra “casa” siamo noi. In qualsiasi luogo andrete porterete le vostre radici e i vostri valori, e li arricchirete con quelli di altre culture. Ovunque andrete cercate sempre di portare il meglio dell’Italia, di rimboccarvi le maniche e di lavorare come noi marchigiani abbiamo sempre fatto.
Vedrete che le soddisfazioni prima o poi arriveranno!Un abbraccio (un po’ caldo, siamo sottozero) a tutti i miei compaesani. Vi auguro un felice 2021, che speriamo sia un po’ più buono dell’anno appena passato. E grazie a Paola ed alla redazione de “LaMeridiana” per questa bella iniziativa di raccontare le storie di noi osimani residenti all’estero.
Giulia


Ciao Giulia,  è emozionante ricevere queste bellissime storie, grazie di cuore!!. Un caro saluto da Osimo.
Paola Andreoni vice Sindaco di Osimo

***

p.s.: Giulia (bibliotecaria in Norvegia)  a riguardo la nostra Biblioteca comunale: “Credo che la biblioteca di Osimo abbia saputo valorizzare al meglio le proprie collezioni e i propri servizi nonostante le difficoltà che possa portare l’ubicazione in un edificio storico. Ho visitato recentemente il sito internet della biblioteca e penso che la pagina web sia molto bella e chiara, rendendo i servizi più facili da trovare e quindi visibili rispetto al sito internet di qualche anno fa. Ho avuto l’occasione di visitare molte biblioteche comunali e universitarie qui in Norvegia e ho osservato che il riuso di edifici storici è meno comune ma non raro. Edificio storico o moderno, l’attenzione posta sui bisogni dell’utente in termini di progettazione universale ha radici più “antiche” rispetto alle biblioteche italiane. Penso ad esempio all’accesso alla biblioteca per persone in carrozzina, con scivolo sempre disponibile e con possibilità di muoversi senza problemi all’interno della biblioteca e in totale indipendenza. Oppure alla disponibilità di PC con sintesi vocale e pagine web della biblioteca che siano accessibili a persone con daltonismo e altri problemi legati alla vista.
Una cosa su cui si sta lavorando molto nelle biblioteche dei nostri campus è la riduzione della “distanza” tra l’utente e il bibliotecario che siede al bancone (desk). Gli utenti sono spesso intimoriti dai tipici desk massicci, lunghi, quasi divisori, e sono meno propensi a chiedere informazioni e/o aiuto con il catalogo al bibliotecario che siede al desk. Questo purtroppo diminuisce molto la visione della biblioteca in termini di accessibilità. Un’altra cosa che amo molto delle biblioteche comunali norvegesi sono gli scaffali aperti e le aree relax per gli utenti dotate di poltroncine, tavolinetti o cuscini dove gli utenti possono leggere in comodità e dove possono ricaricare cellulari e tablet. Le biblioteche comunali hanno sempre delle aree dedicate ai bambini, molto spaziose e con scaffalatura apposita dove anche i più piccoli possono sentirsi indipendenti. Il prestito di videogiochi e audiolibri è un altro servizio molto comune in tutta la Norvegia.
***

***