Lo sportwashing, assoldare calciatori e allenatori famosi per sottacere le violazioni dei diritti umani: il caso dell’Arabia Saudita.

La famiglia reale saudita  sta cercando di cambiare l’immagine e la reputazione dell’Arabia Saudita a livello internazionale investendo le sue immense fortune, derivanti dalla vendita del petrolio,  nei settori dell’intrattenimento e del calcio in particolare (ma anche in altri sport: Formula 1, golf, ciclismo). 
Ma, il calcio, in particolare,  è stato individuato come il principale sport sul quale fare affidamento per migliorare la propria immagine nel mondo. Ne è prova l’acquisto del cartellino di calciatori che militano in campionati europei, dal  fuoriclasse portoghese Cristiano Ronaldo a Karim Benzema ad altri numerosi giocatori che giocano nei maggiori campionati europei. Giocatori che si sono trasferiti in Arabia Saudita, presumo, non per il fascino dell’accaldato campionato arabo ma in primis per i generosi contratti milionari che stanno venendo offerti loro. 

Ma cosa si nasconde in tutto questo? Organizzazioni come Amnesty International sostengono  che la società saudita sia ferma nel passato dove manca il rispetto dei diritti umani. Oggi altre organizzazioni non governative denunciano le forze saudite di aver  ucciso centinaia, forse migliaia di migranti e richiedenti asilo provenienti dall’Etiopia, in arrivo dallo Yemen, si parla addirittura di   crimini contro l’umanità. 


Grazie a tutti i campioni del nostro campionato e di quelli europei che hanno deciso di restare a sfidarsi nel nostro Vecchio Continente. Campionati, certo più poveri ( si fa per dire) privi delle risorse finanziarie miliardarie dei sceicchi,  ma dal fascino romantico dove a volte i nostri giovani riescono ad attingere esempi e modelli sportivi, educativi e umani positivi.

Paola Andreoni 

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Ciao campione di coraggio nei campi da gioco e nella vita:Stefano Borgonovo

Borgonovo“Io, se potessi, scenderei in campo adesso, su un prato o all’oratorio.
Perché io amo il calcio” (Stefano Borgonovo)