Osimo calls World: Marco Gambini

Gambini Marco nato in Osimo il 18 febbraio 1974.

Osimano, originario del Borgo e poi della zona del San Carlo, “portierone paratutto” con la squadra del Colfiorito e dell’Avis al campionato amatoriale calcio a cinque organizzato dalla Sportwear, ora è  CEO della Zannini Poland, il nuovo stabilimento produttivo polacco a Czeladz della ditta F.lli Zannini di Castelfidardo. Oggi Marco Gambini, ragazzo umile e disponibile, a cui piace la musica e leggere libri è un manager  in grande ascesa.

Gambini Marco  dal 2007 lavora e vive  in Polonia

Mi chiamo Marco Gambini e sono nato a Osimo il 18/02/1974, fisicamente all’ospedale di Osimo ma con le radici ben affondate a Borgo San Giacomo, in fondo alla Costa del Borgo.

Nel 2003 dopo la laurea all’Università di Ancona in Ingegneria meccanica sono stato assunto presso una nota torneria di precisone della zona, la Zannini Spa di Castelfidardo, come disegnatore tecnico.

Sfruttando le opportunità offerte da un’azienda moderna ed in rapida evoluzione come la Zannini, nel giro di qualche anno ho raggiunto il ruolo di responsabile dell’Ufficio Tecnico. L’azienda aveva già un piano di internazionalizzazione quando nel 2007 mi venne proposto di installare ed in futuro dirigere un’unità produttiva in Polonia.

Il paese Polonia è stato scelto sia per motivi strategici, quali ad esempio la centralità logistica rispetto all’Europa, che per similitudini culturali, quali la religione e la diffusione di un tessuto industriale già adatto alla meccanica di precisione.

Mi sono trasferito in Polonia nel 2007, nei pressi di Katowice, che rappresenta il polo dell’Automotive, dove dapprima abbiamo realizzato i lavori necessari al capannone e poi avviato una nuova realtà produttiva, che nasce e riesce a crescere in maniera rapida nonostante la crisi del 2009.

La crescita dell’azienda ha subito un’impennata dal 2014 quando siamo entrati a far parte di un progetto europeo e grazie ai finanziamenti pubblici abbiamo raddoppiato la struttura e triplicato il numero delle maestranze. Nel 2016 l’entrata di un nuovo socio italiano ha fornito una spinta ulteriore all’evoluzione della Zannini Poland portando la possibilità di investire in maniera massiccia in modo da sviluppare una crescita di +85% di fatturato dal 2017 al 2019, questo ci ha portato alla situazione attuale dove l’azienda fattura circa 20 milioni di Euro l’anno e impiega circa 260 persone.

Va sottolineato come la visione imprenditoriale della famiglia Zannini abbia fatto in modo di non impoverire gli impianti italiani ma sfruttare l’apertura di un nuovo mercato per accrescere il lavoro anche nei plant di Castelfidardo e Padova.

Nel 2015 sono stato nominato CEO ( Chief Executive Officer, corrispondente in italiano ad Amministratore Delegato)  della Zannini Poland e il mio ruolo è quello di dirigere l’azienda a 360° e gestirla in nome e per conto dei soci.

Essendo originario del Borgo, ho fatto le elementari per la Gattara (in via Roncisvalle). La mia famiglia si è trasferita , poi, quando ero ancora  bambino, vicino al Bar Baiocco, alle medie – quindi sono andato alla “Giacomo Leopardi”  in quella che allora era la sede centrale (anche detta l’Avviamento). Alle superiori ho studiato all’Istituto tecnico commerciale “F. Corridoni”(Palazzo Campana) dove ho conseguito il diploma di “ragioniere”, mentre – come ho già detto – per l’Università la scelta è caduta sulla facoltà di Ingegneria ad Ancona.

Dall’età di 16 anni ho giocato a “calcio a 5” nell’ambiente osimano avendo la fortuna di partecipare alla prima edizione di quella che poi sarebbe diventata la famosa “Gold Cup” (uno dei tornei di calcio a 5 amatoriali più grandi d’Italia), torneo che alla prima edizione contava 8 squadre. Con l’andare del tempo insieme ai ragazzi dell’Avis Osimo siamo anche riusciti a vincerlo il campionato e  toglierci qualche soddisfazione.

Ho avuto il piacere di partecipare alla nascita del calcio a 5 a Osimo, iniziando a giocare a livello federale da Osimo Stazione, per poi passare alla società Colfiorito. vedendo nascere il centro sportivo Cespo del quale ho anche avuto l’onore di prendere parte alla partita inaugurale. Con il Colfiorito ho raggiunto il mio massimo della mia “carriera” calcistica avendo anche il piacere di condividere il campo per qualche stagione con il nostro capitano “per sempre”: Lorenzo Manuali.

I miei genitori, Gambini Cesare e Grilli Maria sono nati a Osimo, ormai anziani ed in pensione vivono ad Osimo, zona Molino Mensa, vicino al ristorante Ada. La casa paterna nella quale ho il piacere di tornare per circa 1 mese e mezzo all’anno con la mia famiglia durante le varie vacanze sparse durante l’anno.

I miei genitori hanno lavorato tutta la vita nella fabbrica di grani per le corone che si trovava lungo “la strada nuova per andare in piazza” così veniva chiamata via  Cialdini, e la fabbrica, per l’esattezza, si trovava di fronte al meccanico “Meme” del Borgo.

La scelta di emigrare in Polonia è stata dettata dalla volontà ed auspicio di sfruttare un’opportunità lavorativa. Nessuno chiederebbe ad un ingegnere senza esperienza di fare una cosa del genere in Italia. Questo non deve però fare pensare che l’opportunità sia legata esclusivamente alla Polonia, nel senso che è vero che la mia professione si è sviluppata all’estero ma è arrivata perché lavoravo in una impresa italiana con una visione internazionale di sviluppo che ha dato seguito ad importante progetto di espansione.

Non penso, come sento dire ad altri emigrati, che andare via dall’Italia sia l’unico modo di fare carriera. Tutto quello che mi è successo si è verificato perché alla base c’era un’impresa italiana, con la sua cultura del lavoro e della professionalità. Non sarebbe bastato andare all’estero per fare un’azienda di successo. Sicuramente esistono professioni che in Italia non hanno un futuro, ma questo non deve far pensare che in Italia non ci siano occasioni. La mia occasione è nata a Castelfidardo. Per quel che mi riguarda sarei andato anche in Papuasia se ne fosse valsa la pena.

Dopo circa un anno e mezzo dall’arrivo in Polonia ho avuto la fortuna di conoscere Monika, la mia compagna, che ho sposato nel 2019 proprio al comune di Osimo, e con la quale abbiamo due splendidi bambini: Matilde e Matteo rispettivamente di 9 e 5 anni.

Ai bambini piace tornare ad Osimo perché negli anni abbiamo mantenuto salde relazioni con le persone per me importanti, e con le quali avevo costruito solidi rapporti prima della partenza. Ovviamente anche i bambini parlano perfettamente italiano oltre che polacco e sono contentissimi di tornare dai nonni soprattutto d’estate per godersi un po’ di sole e di mare. Proprio questa è stata per me una delle differenze più difficili da digerire tra Osimo e la Polonia, l’assenza di sole o comunque un tempo che prevede circa 200 giorni di pioggia all’anno, al posto dei 200 giorni di sole delle Marche.

Sono arrivato in Polonia nel 2007 e come anticipato sono venuto qui con una missione ben precisa, aprire – per conto del Gruppo Zannini – un’azienda e farla funzionare. Un’azienda, come la sede operativa principale di Castelfidardo,   specializzata nella produzione di minuterie metalliche tornite e componenti meccanici di precisione.

L’inizio è stato abbastanza difficoltoso, il mondo del 2007 era molto diverso da quello di oggi. Arrivato in un Paese come la Polonia sei solo, a meno che tu non conosca qualcuno. Ricordo ancora la sensazione alla bocca dello stomaco,  la mattina,  quando non sapevo che avventura mi sarebbe capitata ogni volta che entravo in ufficio. Dentro di me c’erano l’inesperienza del ruolo appena assunto, e lo sballottamento del trasferimento in nuovo Paese. Un periodo molto stimolante dove mi sentivo spesso sulle montagne russe, un momento super eccitato per la novità e il momento dopo depresso per essere stato catapultato a migliaia di km fuori dalla mia zona di comfort.

L’obiettivo è stato raggiunto in pieno e grazie al supporto della nostra casa madre a Castelfidardo siamo diventati nell’arco di 15 anni l’azienda con più persone del gruppo, con i nostri 260 dipendenti.

Nonostante mi sia laureato in Ingegneria, alle scuole superiori ho frequentato ragioneria, che sembrerebbe un percorso strano per un ingegnere.

Per i casi della vita, invece, essere ingegnere ed essere diplomato in ragioneria, sono state le mie chiavi vincenti per portare avanti il mestiere di CEO che svolgo adesso. Ho avuto la sensazione di avere unito i puntini della mia vita.

Quelli del “Corridoni” sono stati anni per certi versi complicati, corrispondendo al periodo dell’adolescenza, ma sicuramente li ricordo con nostalgia e simpatia. Molti degli insegnamenti appresi in quell’istituto sono stati fondamentali e sono ancora di riferimento e la  base per esercitare il mio attuale mestiere.

Ricordo, in particolare, con piacere e nostalgia il prof. Franco Del Prete. La conoscenza dell’inglese è stata fondamentale per poter iniziare la vita all’estero e se tutt’oggi sono un accanito lettore lo devo sostanzialmente alla prof.ssa Giuliana Bolognini che è riuscita a trasmettermi l’amore per la letteratura. Molto utili nel tempo si sono rivelati le lezioni di ragioneria della prof.ssa Anna Antonelli e di economia con le basi di diritto fornitemi della prof.ssa AnnaRita Durantini. Con il tempo ho realizzato che l’alto livello di insegnamento di quella scuola ha avuto un impatto impressionante nella mia forma mentis: l’avere avuto basi solide mi ha permesso di espandere le mie conoscenze tecniche senza impoverire le caratteristiche più umanistiche ed economiche che non sono nel bagaglio proprio di un ingegnere meccanico.

Ho iniziato a lavorare in fabbrica (come apprendista  stagionale) durante le vacanze scolastiche, da quando avevo 14 anni. Ho lavorato in varie fabbriche e artigiani meccanici, facendo tutti i lavori da “garzò di bottega”.  Proprio da quelle esperienze lavorative è partita la mia passione per la meccanica ed è “iniziato a nascere” l’ingegnere, dirigente d’azienda,  che oggi sono.

Fare tutti i lavori da “garzò” possibili durante gli studi è stata un’esperienza impagabile. Ancora oggi se ci sono lavorazioni da sistemare e perfezionare, molto spesso mi siedo al banco con l’operatore e insieme vediamo come si può migliorare il processo per realizzare un prodotto innovativo di alta qualità.

Come è stata l’integrazione con la mentalità, la lingua, il modo di vivere polacco? Non appena ho iniziato a vivere in Polonia ho capito subito che conoscere la lingua era un imperativo per potersi integrare. L’inglese mi permetteva di sopravvivere e di parlare con i clienti ma per vivere e per dirigere le persone sapere la lingua locale è un vantaggio competitivo.
Questo mi ha spinto ad iscrivermi ad un corso di polacco. Non studiavo molto ma mi sforzavo di andare a lezione per imparare le regole grammaticali (che tra l’altro sono terribili), per poi piano piano aggiungerci le parole intorno.  Così nel giro di tre anni ho imparato un polacco decente che mi ha permesso di fare un salto di qualità nella comunicazione e aumentare la qualità della gestione del team, che nel frattempo stava crescendo.
L’impatto con la società dell’est per un marchigiano expat è molto forte. Non appena arrivato è tutto molto entusiasmante in quanto le differenze che si notano sono quelle positive. Tutto è stimolante e nuovo come una vacanza. Con l’andare del tempo si fanno largo le differenze sostanziali e per lo più incolmabili, come il meteo sempre grigio, l’assenza dei cari e degli amici, ed il sentirsi comunque “lontano” in terra straniera, che se da una parte è una boccata di libertà inesauribile, d’altra parte, a volte fa emergere un po’ di nostalgia di casa.

Dopo 14 anni quasi non ricordo più come era la mia vita in Italia. Quando sono arrivato qui ero giovane e adesso ho una famiglia. I miei legami stabili sono ormai qui, lontano dalla mia Osimo che comunque porto nel cuore.
Uno dei difetti di noi italiani all’estero è che ovunque andiamo vorremmo portare un po’ di Italia con noi, anche quando questo si traduce in mangiare la pasta. Invece è proprio questo uno degli aspetti più stimolanti della vita lontano da casa: osservare, imparare e fare propri anche usi e costumi non propri. Apprezzare la differenza nel modo di pensare delle persone e sforzarsi di capire la genesi di tali differenze e realizzare che in fondo, tutto il mondo non è l’Italia e per fortuna va bene così.
Sono stato accolto a braccia aperte dai colleghi e dai conoscenti polacchi acquisiti nei periodi precedenti al trasferimento e durante la fase di pendolarismo. Si sono occupati e preoccupati di me sin dall’inizio, introducendomi alle loro amicizie e invitandomi nelle loro case. Si percepiva il piacere di condividere le esperienze e la curiosità di conoscere una persona con abitudini e costumi così lontani e per certi versi, per loro, anche un po’ esotici.

Le cosiddette differenze culturali sono evidenti e sono quelle tipiche che si possono riscontrare tra gli abitanti dei paesi dell’ex blocco sovietico e quelli dei paesi del mediterraneo.

I rapporti tra le persone in Polonia ci sembrano più freddi e molto più formali, e se per certi versi questo è vero, per molti altri aspetti non riusciamo a capire la società dove queste persone sono cresciute. Mentre da noi, nei magnifici anni ’80, pensavamo alle Timberland e ai Moncler, in Polonia per avere una finestra sull’Europa guardavano Rai 1. La gente conosce Gigi Sabani, Toto Cutugno, Drupi, Albano e Romina e la Pausini perché l’unica trasmissione internazionale che entrava nelle case polacche in quegli anni era il Festival di Sanremo. Cantanti per noi sorpassati,  sono l’ immagine del nostro Paese nella mentalità dell’est.

Per un italiano fare la fila è un disonore. Per un polacco la fila è confortante. È un retaggio del comunismo, quando avere un posto in fila significava entrare al negozio. Dovremmo imparare da loro a stare calmi ed aspettare il nostro turno come persone normali.  Mi sono accorto spesso che il nostro saltare la fila non è un modo per guadagnare tempo, ma solo di farlo perdere anche agli altri.

D’altro lato la nostra propensione al dialogo, a fare caciara, con la nostra lingua così musicale ed aperta, che contrasta con una lingua piena zeppa di suoni chiusi e spigolosi con tante consonanti, affascina i polacchi. Attenzione però: i polacchi tendono a stancarsi presto di chi parla tanto ma non dimostra con i fatti, come  – purtroppo si comportano – molti connazionali che si incontrano da queste parti.

Va notato infatti che la Polonia è piena di italiani che arrivano pensando che tutti li stiano aspettando per regalare loro soldi. Le più grosse fregature all’estero si prendono da questi soggetti, disperati e scappati dall’Italia con la speranza che la “fuffa” diventi produttiva una volta esportata, oppure qui per fregare la gente con metodi innovativi.

Purtroppo oltre la Ferrari e la pizza esportiamo anche scappati di casa che non fanno bene alla nostra immagine. Nonostante tutto però, gli italiani sono visti con un occhio di riguardo, sia per una storia di immigrazione di lungo corso in terra polacca – la Fiat è arrivata qui prima del crollo del comunismo – sia per l’immagine esotica veicolata dalla televisione che ci portiamo dietro.
Non ho notizie di osimani in Polonia, la Zannini Poland comunque impiega in totale tre italiani oltre a me: uno di Ancona, uno di Fabriano e un bergamasco doc.

La comunità italiana in generale è molto folta e ci sono associazioni sia industriali (Confindustria) che private che ci permettono di tenerci in contatto e di tanto in tanto organizzare degli incontri con connazionali e polacchi.

Sono fermamente convinto che il vantaggio di essere in Polonia si concretizzi al 100 % qualora si riesca a fare un’integrazione delle mentalità e delle forma-mentis diverse ma complementari, distanti ma spesso indistinguibili perché semplicemente umane.

Oggi mi sento  “cittadino dell’Europa”.
In particolare  apprezzo le differenze culturali e farne, di queste, un punto di forza per migliorare.
Integrarsi significa completarsi a vicenda e far fruttare i propri talenti senza entrare in inutili dimostrazioni di superiorità, sempre presunta e mai accertata. Essere cittadino dell’Europa significa essere curiosi del nuovo, ma anche affezionati al proprio background, non ho mai visto morire nessuno per troppa apertura di idee. Che gli uomini siano diversi uno dall’altro è un dato di fatto, e queste differenze non dipendono dalla nazionalità o dal colore della pelle, semplicemente ogni persona è unica e va rispettata, compresa e apprezzata per la sua unicità. Solo integrando tutte le unicità si ha accesso all’eccellenza. Se prediligere il nostro simile è un meccanismo automatico del nostro cervello, superare questo limite è un obbligo per sottomettere le azioni alla nostra volontà. Mentre dividersi e isolarsi è un istinto, completarsi viene da una volontà che ci permettere di “Essere Umani”.

Il bello della Polonia. Sicuramente la frizzante situazione di mercato, la concentrazione di tutti i maggiori player mondiali in tutti i settori (Informatico, automotive, mobili, ecc.), una situazione di grande sviluppo e cambiamento repentino, rendono la Polonia un Paese molto attraente per quel che riguarda il mondo del lavoro e del business. Qui trovare o cambiare lavoro risulta estremamente facile, come così come perderlo. Gli ammortizzatori sociali non esistono (o quasi) per quel che riguarda il mondo del lavoro. In pratica non esiste cassa integrazione e anche i contratti a tempo indeterminato possono essere interrotti con facilità. Tutto questo porta ad un costo del lavoro più basso che nel resto dell’Europa. Se pagare meno contributi è da un lato un plus, dall’altro la sanità pubblica, seppure negli ultimi anni si stia rinnovando, resta una macchina burocratica, lunga e spesso poco affidabile. Chi se lo può permettere paga un’assicurazione sanitaria privata che consente di avere un’assistenza rapida e professionale.

La forte iniezione di fondi europei strutturali renderebbe la Polonia uno dei paesi più attraenti per le nostre PMI che negli anni passati hanno fatto la fortuna del tessuto economico italiano. Qui l’aziendina a conduzione familiare che contribuisce a sviluppare tutto il territorio, cioè quelle imprese di cui sono piene le nostre aree industriali, non è molto comune. Si potrebbe dire che per motivi storici manca una mentalità imprenditoriale che negli anni ’70 ha fatto sviluppare l’Italia fino a renderla un’eccellenza a livello mondiale.

Il miglior pregio e il peggior difetto del vivere in Polonia. Il maggior pregio della vita in Polonia è la situazione economica in rapida evoluzione che permette di avere molte occasioni di miglioramento professionale e personale.
Dopo 14 anni non mi rassegno ancora al cielo grigio color Polonia. Per motivi di latitudine anche l’azzurro del cielo è sbiadito, ogni volta che vedo l’azzurro del cielo in Italia mi si riempie ancora il cuore. Per un italiano il cibo è mezza vita, qui non tanto, la contaminazione americana ha portato al proliferare dei fast food accanto ai locali di cucina tipica polacca e all’immancabile ristorante Italiano dove il pizzaiolo,  in Italia faceva il gommista. Esistono ottimi ristoranti di tutti i tipi, ma per adesso il mio preferito resta casa mia.
Ho trovato soddisfazione e realizzazione all’estero, ma non mi sento di dire che altrove si sta meglio che in patria. L’Italia è una grande nazione, fonte di ispirazione per tanti Paesi esteri e seppure alcune cose non funzionino al meglio rappresenta comunque un’avanguardia a livello mondiale per la cultura, e per le libertà individuali.
La Polonia non è uno stato assistenzialista, anzi. I governi di destra, sovranisti e populisti che si stanno succedendo stanno dando soldi facili alle famiglie per ottenere consenso senza realmente cambiare la vita delle persone, anzi impoverendole perché non stimolano l’economia ma sotto un certo punto di vista la “drogano” comprando consensi.
La disoccupazione è inferiore al 7%, due anni fa era del 4%, per cui in un sistema di piena occupazione soltanto chi non vuole non lavora, e questo conforta un governo la cui politica non è propriamente incentrata sul welfare.
La Polonia è uno dei paesi più giovani d’Europa con un tasso di crescita importante, seppur in diminuzione.
Se da una parte il governo fornisce contributi per i figli a pioggia, di fatto la politica economica di destra stimola il ricorso a sanità ed istruzione privata per avere dei servizi di qualità.
Le strutture statali esistono e funzionano seppur la burocrazia imperi, e chi vuole qualcosa in più è costretto a rivolgersi alla sanità e istruzione privata.

Per quanto riguarda la bellezza e la cultura, nella città dove vivo, Bedzin, c’è un solo edificio di interesse storico, il castello residenza estiva del re di Polonia Casimiro il grande, circondato da palazzoni di epoca comunista. Sicuramente l’influenza sovietica ha appiattito la storia pur interessante della Polonia.
La città da vedere assolutamente è Cracovia, l’unica città che abbia superato pressoché incolume la seconda guerra mondiale. Cracovia con il suo meraviglioso centro storico, il quartiere ebraico, il mercato dell’ambra, la fabbrica di Schindler e il castello di Wawel dove è conservata “La Dama con l’ermellino”, uno dei più famosi dipinti di Leonardo, è una tappa imprescindibile per ogni itinerario turistico.
Da visitare sempre nel raggio di 50 km da Cracovia c’è il museo storico di Auschwitz-Birkenau, che comprende la tristemente famosa ferrovia che portava i detenuti direttamente al campo. È una tappa obbligata per mantenere la memoria viva contro rigurgiti fascisti. La memoria è l’unico modo per combatterli e chi visita il museo ne esce sempre con una visione diversa della vita e della morte. Non è un luogo allegro ma va visitato.
Sempre nei dintorni c’è anche una famosa miniera di sale, Wielicka, in pratica una città sotterranea con cunicoli e carrucole, ormai non più operativa, che però offre uno spaccato della vita dei minatori e di come fosse organizzata l’estrazione di quello che una volta era una preziosa moneta di scambio.
Varsavia, la capitale, è stata rasa al suolo durante la Seconda guerra mondiale, le poche parti storiche del centro sono state ricostruite, e rappresenta bene la Polonia dei giorni nostri. Quando si arriva a Varsavia da sud, si accede alla città con un super strada dove a sinistra ci sono grattacieli stile city di Londra e dall’altra i block di epoca comunista. Mai immagine fu più iconica quando la vidi.

Mi manca l’Italia e la nostra Osimo ? Non è difficile immaginare che sebbene adesso i prodotti alimentari italiani siano più presenti rispetto a qualche anno fa, un bancone dei salumi con i formaggi freschi è un sogno che da 14 anni resta irrealizzato. Di Osimo mi manca la familiarità con i luoghi e le persone. Gli amici. I genitori. Vivere all’estero però ti fa sentire libero, e soprattutto all’inizio quando non conosci nessuno e loro non conoscono te, questo ti rende invisibile. Per me questo significa libertà di essere me stesso.

Dal punto di vista dei rientri quest’anno è stato quantomeno complicato dal Covid. Per la prima volta dopo 14 anni non ho fatto il Natale a casa, ma solo con la mia famiglia in Polonia.
Non rientro a Osimo da fine agosto 2020, per cui la prossima volta che verrò sarà quasi passato un anno. È il periodo più lungo in questi 14 anni, purtroppo ci siamo dovuti adeguare alla situazione internazionale.
Ogni volta che torno a Osimo noto qualcosa di diverso, ma con l’andare degli anni le differenze si fanno sempre minori  e questo perché penso il ricordo di com’era Osimo 14 anni fa si sia fatto sempre più sbiadito.
Ricordo comunque i primi anni di assenza, quando ad ogni mia visita a Osimo scompariva qualche semaforo e appariva una rotonda. Penso ai semafori del crocifisso, ai tre archi e le varie rotonde comparse con il tempo. Negli ultimi anni le novità più importanti sono il nuovo Conad all’ex Consorzio e ovviamente la nuova “Lega del Filo d’oro” in via Linguetta.

L’Italia vista dalla Polonia è molto più bella che vissuta dall’interno. È il paese dell’arte, del turismo, culla della cultura rinascimentale ed il Paese dove si mangia meglio al mondo. Se confronto la qualità della vita in Polonia, con la qualità della vita in Italia, la nostra vecchia repubblica detiene sempre la posizione d’onore. Il mio sogno sarebbe invecchiare sulle colline marchigiane, sorseggiando buon vino e mangiando pesce. Sembrano cose banali e scontate, ma queste piccole aggiunte innalzano in modo significativo la qualità della vita percepita, e nella maggior parte del mondo sono assenti. Tuttavia, come detto sopra, all’estero ci sono opportunità lavorative che ormai in Italia, purtroppo,  non ci sono più.

L’Italia però, è anche la terra delle eccellenze in vari comparti industriali e della cultura aziendale, così come lo siamo noi del Gruppo Zannini.  La diffusione della rete delle piccole industrie,  in tutta Italia ed anche  nelle nostre Marche,  sono state e continuano ad essere oggetto  di studi internazionale. Il successo della piccola media impresa, i territori che sviluppano un tessuto industriale che dà lavoro a diversi paesi nei dintorni: questi sono segni caratteristici dell’industria italiana che funzionano ovunque. Una chiave per la crescita sembra essere quella di esportare i nostri metodi e conoscenze, che uniti ai finanziamenti presenti in altre nazioni potrebbero creare sinergie per ampliare l’orizzonte dell’industria, che se chiusa in sé stessa, rischia di collassare. Esportare know-how potrebbe essere un modo di allargare la torta a disposizione delle imprese, in modo da creare sinergie con le consociate estere.

L’augurio che potrei fare alla nostra Italia è quella di tornare a ricoprire il ruolo internazionale che le compete, sia a livello economico che di immagine. Anche alla nostra Osimo auguro un futuro di benessere. Spero che la nuova generazione politica sia in grado di affrontare le sfide di integrazione e cambiamento alle quali è sottoposta la società in questo passaggio storico.

Siamo ai saluti finali.
Mi piacerebbe che della mia storia fosse scritto che la tanto bistrattata scuola italiana mi ha dato, “gratis”, i mezzi e le basi per affrontare la sfida di evolvermi come persona e di portare il mio contributo in un altro Paese. Mi piacerebbe che fosse sottolineato che, oltre che all’aspetto imprenditoriale, contribuiamo in maniera positiva allo sviluppo del personale, portando lavoro sia ai lavoratori polacchi ma indirettamente anche alle famiglie italiane.

La mia storia è un esempio di come per avere qualcosa di più, bisogna fare qualcosa in più. Allontanandomi da casa ho scoperto me stesso. Mi sono reso conto che si cresce veramente quando ci si trova da soli a risolvere i problemi. Andare lontano da casa ed uscire dalla zona di comfort permette di tirare fuori ed esprimere il proprio potenziale e contemporaneamente forma il carattere.

Nel mio futuro vedo ancora crescita personale e sviluppo lavorativo. Per adesso lo vedo in Polonia, visto l’esperienza accumulata, la conoscenza della lingua e la rete creata. Mi propongo di accrescere la mia professionalità per poter diventare un punto di riferimento per chi si appresta a un’esperienza di internazionalizzazione in Polonia, anche attraverso la nuova Confindustria Polonia del quale sono stato padre fondatore e attualmente membro del CDA.

La Zannini Poland  ha ancora tanti obiettivi da raggiungere, primo dei quali concludere la fase di investimento attuale entro tre anni. Altri ne arriveranno vista la politica di espansione dei mercati che stiamo tentando di attuare.

Osimo è sempre nei miei pensieri e ricordi. Per scrivere tutti i ricordi associati a Osimo non basterebbe un libro, in pratica ci sono 33 anni della mia vita e tutte le fasi di crescita. Ricordo con piacere i compagni e, come già detto,  i professori del Corridoni, alcuni di loro hanno veramente lasciato un segno profondo nella mia ricettiva mente adolescenziale. Ricordo tutti gli avversari e compagni del calcio a 5 incontrati negli anni, non riuscirei a ricordarli tutti nemmeno volendo, ma non posso non citare i ragazzi dell’Avis Osimo e la ex squadra del Colfiorito calcio a 5, che adesso credo si chiami Sportwear.
Osimo rappresenta per me il punto di partenza, il background che ha dato inizio a tutto. Quando ero giovane quasi odiavo la sua provincialità, pensavo che limitasse le prospettive e che tutto fosse al di fuori delle sue mura. In realtà adesso che sono distante ho capito che avere avuto la possibilità di crescere in provincia non è stata una sfortuna. Crescere nell’ambiente marchigiano mi ha permesso di acquisire una forma-mentis basata sul lavoro e sull’impegno.

Un messaggio ai miei coetanei e ai giovani della nostra città.
A tutti i ragazzi del mio team e generalmente a tutti i giovani, osimani e non, vorrei lanciare un messaggio di fiducia e speranza. Sono nato in una famiglia operaia, molto dignitosa ma con un livello di istruzione da fine seconda guerra mondiale. Eppure sono riuscito a laurearmi e per certi versi a realizzare il mio sogno, di essere un dirigente d’azienda con un ruolo importante per i soci e per la società che mi circonda.

Di storie come la mia, anche più difficili, ne sono piene le cronache. Semplicemente capitano quando le motivazioni sono più forti delle scuse. Dico quindi a tutti di non ascoltare le voci, interiori ed esterne, che tentano di farci desistere. Sicuramente non possiamo pensare di uscire da casa e trovare l’occasione della nostra vita. Per questo a volte per cercare il meglio bisogna essere disposti a fare le valigie (spesso di cartone) ed andare in cerca di un futuro migliore. Non intendo dire che sia facile e che basti provare, ma per partire tutto quello che basta è tanta voglia di fare bene e olio di gomito. Ho capito che la fortuna non arriva da sola, arriva quando ci muoviamo per migliorarci.

Con gli amici tifosi dell’ “Armata Ultrà Osimomentale” così incitavamo i nostri beniamini del calcio:
Di vivere circondati da queste mura, rendiamo grazie a Dio. Grazie a Dio siamo Osimani!!”  
Oggi mi sento di urlarlo, nel salutarVi, a tutti Voi Osimane e Osimani.


Ciao Marco “cześć”!! Ci hai raccontato cosa ci fa un osimano in Polonia. Una terra a cui mi sento legata per un istintivo sentimento di riconoscenza legata a persone e fatti : Karol Wojtyla, Lech Wałęsa, l’esperienza non violenta di conquista di libertà e democrazia di Solidarność, le vicende della comunità ebraica polacca, il cammino eroico e la storia personale dei tanti giovani polacchi dell’armata del Generale Anders che hanno sacrificato la loro vita per la nostra libertà.
Ora abbiamo un nostro concittadino che con una azienda marchigiana, senza togliere risorse al nostro territorio,  contribuisce alla ricchezza materiale di questo popolo generoso e altruista e in qualche modo a restituire quanto di buono abbiamo ricevuto.
Una  storia, quella che Marco ci ha raccontato,  fatta di intraprendenza, di idee, di innovazione, impegno ma anche di grande rispetto delle tradizioni. Non possiamo che essere orgogliosi, esattamente come lo sono stata in occasione dei precedenti contest che il giornale locale “LaMeridiana” ha ospitato. Un vanto per la nostra città scoprire quanto di buono i nostri concittadini sanno realizzare anche fuori dalle nostre mura. Wszystkiego najlepszego a te Marco ed alla tua famiglia.
 
Paola Andreoni vice Sindaco di Osimo

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