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Il dott. Pietro Bartolo, il medico dei salvataggi di Lampedusa ci ha raccontato, questa mattina in un toccante incontro, della situazione drammatica degli immigrati ( delle “persone” come li chiama il medico) che arrivano in Italia sui barconi.
Ammirazione per questo uomo che come ci ha raccontato, in ventotto anni di servizio come medico sull’isola di Lampedusa, è stato testimone di fatti drammatici ma anche di belle esperienze di vita, come quello raccontato: “…Una ragazza. Era in ipotermia profonda, in arresto cardiocircolatorio. Era morta. Non avevamo niente. Ho cominciato a massaggiarla. Per molto tempo. E all’improvviso l’ho ripresa. Aveva edema, di tutto. È stata ricoverata 40 giorni. Kebrat era il suo nome. È il suo nome. Vive in Svezia. È venuta a trovarmi dopo anni. Era incinta”. Ci ha mostrato la foto del loro abbraccio.
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Molte parole e storie sono arrivate ai nostri orecchi, anche, come una coltellata, ad esempio quando ha narrato dei maltrattamenti subiti da queste donne e da questi uomini in territorio libico. O quando ha narrato di una notte quando è stato chiamato: ” erano sbarcati due gommoni, dovevo andare a prestare soccorso. Ho visitato tutti, non avevano le malattie che qualcuno dice essere portate qui da loro. Avevano le malattie che potrebbe avere chiunque. Che si curano con terapie banali. Innocue. Alcuni. Altri sono stati sottoposti a torture, e violenze “.
Il Teatro è rimasto ammutolito, quando Pietro ha raccontato di Favour: ” Favour, una bimba bellissima. Hanno chiamato da tutto il mondo per adottarla. Lei è arrivata sola. Ha perso tutti: il suo fratellino, il suo papà. La sua mamma prima di morire per quella che io chiamo la malattia dei gommoni, che ti uccide per le ustioni della benzina e degli agenti tossici, l’ha lasciata ad un’altra donna, che nemmeno conosceva, chiedendole di portarla in salvo. E questa donna, prima di morire della stessa sorte, me l’ha portata. Ma non immaginate quanti bambini, invece, non ce l’hanno fatta. Una volta mi sono trovato davanti a centinaia di sacchi di colori diversi, alcuni della Finanza, alcuni della polizia. Dovevo riconoscerli tutti. Speravo che nel primo non ci fosse un bambino. E invece c’era proprio un bambino. Era vestito a festa. Con un pantaloncino rosso, le scarpette. Perché le loro mamme fanno così. Vogliono farci vedere che i loro bambini sono come i nostri, uguali».
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Il dott. Bartolo è riuscito anche a far sorridere la platea quando mostrando un video, lo ha così descritto: ” Questo è un parto su una barca. La donna era in condizioni pietose, sdraiata per terra. Ho chiesto ai ragazzi un filo da pesca, per tagliare il cordone. Ma loro giustamente mi hanno risposto «non siamo pescatori». Mi hanno dato un coltello da cucina. Quella donna non ha detto bau. Mi sono tolto il laccio delle scarpe per chiudere il cordone ombelicale, vedete? Lei mi ringraziava, era nera, nera come il carbone. Suo figlio invece era bianchissimo. Si perché loro sono bianchi quando nascono, poi si inscuriscono dopo una decina di giorni. E che problema c’è, dico io, se nascono bianchi e poi diventano neri? Ha chiamato suo figlio Pietro. Quanti Pietro ci sono in giro!”.
Il dottor Bartolo ha parlato per più di un’ora, attirando l’attenzione e le emozioni dei ragazzi e di tutti noi. Al termine ci siamo alzati in piedi e abbiamo applaudito, per lunghi minuti.
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Di questo incontro, oltre alle emozioni, rimane la bella lezione di umanità che la testimonianza del dott. Bartolo ci ha voluto trasmettere: con le sue parole di fratellanza, umanità, dolore e speranza. Rimangono anche le riflessioni amare e il grido di speranza rivolto ai giovani: “quanto succede in quel tratto di mare Mediterraneo è una tragedia, quanto succede in Libia è vergognoso e inumano. Ogni persona, anche se immigrato/clandestino merita rispetto, non conta assolutamente nulla del perché è venuto qui, se regolare o no, se scappa dalla guerra o se vieni a cercare fortuna: arrivare così, non è umano. E queste persone, donne, uomini e bambini meritano le nostre cure. Meritano un abbraccio. Meritano rispetto. Come, e forse più, di ogni altro uomo”.
Ringrazio il dott. Pietro Bartolo per averci onorato con la sua visita. Un ringraziamento a quanti hanno collaborato alla realizzazione di questo incontro. Ringrazio tutti coloro che hanno partecipato. Ringrazio i Dirigenti Scolastici ed i docenti che in pochissimo giorni si sono organizzati per garantire la presenza degli studenti all’incontro. Grazie ai ragazzi che nonostante la pioggia sono arrivati a piedi dalle loro Scuole per ascoltare l’esperienza di un uomo, un medico che da 28 anni accoglie persone e salva vite umane.
Paola
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Alcuni commenti su FB:
Mattina intensa a Osimo, nelle Marche, per tornare a parlare di naufragi e responsabilità, di frontiere e umanità, in un teatro gremito di gente accorsa perché ha scelto da che parte stare. Grazie!
Pietro Bartolo
Quando uscimmo dalla sala dove avevamo visto “Fuocoammare”(Gianfranco Rosi,2016)rimanemmo in #silenzio per tutta la salita che ci portava a casa. Oggi Pietro Bartolo,”il medico di Lampedusa”l’ho visto dal vivo,ad #Osimo,nel nostro teatro gremito e con il #pubblico in piedi a rendergli omaggio:c’erano alcune classi delle medie,rappresentanti delle Istituzioni e tanti comuni #cittadini.Ringrazio anche oggi Pietro Bartolo per il silenzio e -penso per alcuni,me compresa,che dovrei esserci abituata-per il voltastomaco che ci ha portato dentro. Dalle sue parole e immagini di denuncia,di morte e di vita abbiamo compreso,spero e senza particolare censura,l’Olocausto del Mediterraneo. Abbiamo assistito ai racconti dei suoi pianti dopo che ha camminato sui cadaveri, dello strazio delle centinaia di ispezioni cadaveriche “di massa” che è stato costretto a redigere,abbiamo visto.
I volti e gli abbracci di chi ce l’ha fatta e lo ringrazia tornando da lui dopo anni.
Il suo dolore,la sua rabbia e la sua gioia,spero non li portino a casa solo i ragazzi,a cui sempre si pensa,ma anche noi,comuni cittadini che maestri,medici,musicisti o operai eravamo lì oggi,ad ascoltare la sua denuncia,perché se conosci,nulla è perduto e perché non mi sento tanto vecchia da delegare tutto alle nuove generazioni. “La #medicina è una #scienza #sociale,la #politica,non è altro che Medicina su larga scala e “non è chiaro che la nostra battaglia (dei medici) deve essere sociale”?(Wirchov,1848)grazie al Dottor Pietro Bartolo per avercelo,oggi,ricordato,con parole e immagini così crude che ci hanno commosso e ammutolito.
Silena Sernani
Grazie Dottore. Faccia conoscere a tutti, la verità. È una missione ancora più grande, che curare i corpi. Abbiamo bisogno di qualcuno che curi il pregiudizio e la xenofobia. Serenella Osimani Grazie a Lei. Ero lì questa mattina perché sapevo che era una grande persona e mi ha toccato tantissimo la sua semplicità nello spiegare ai ragazzi che siamo tutti uguali. Una platea attenta e commossa di ragazzi che mi da speranza. Grata per il lavoro che svolge a Lampedusa e a Bruxelles. Un grande abbraccio!!!
Paola Alberighi
Stamattina al teatro la Nuova Fenice di Osimo ,un incontro carico di grande umanità: Pietro Bartolo,il medico di Lampedusa che ha presentato il suo ultimo libro “le stelle di Lampedusa”.
Ginetta Carrubba
Il grande, immenso, unico medico di Lampedusa Pietro Bartolo, eurodeputato, oggi al teatro la Fenice di Osimo. Grazie per la testimonianza diretta delle atrocità che hai visto. Grazie per tutte le vite che hai salvato. Grazie per aver raccontato cosa succede nel Mediterraneo, davanti agli studenti osimani. Grazie per il tuo grande cuore. Grazie di averci fatto piangere tutti. GRAZIE!!!
Gramuglia Mauro
Un grazie al medico di Lampedusa Pietro Bartolo che ci ha portato un bel messaggio di amore e speranza: il mare sia un ponte non un semplice confine!!! Ha salvato tante vite non si è mai arreso neppure nei momenti più bui. Bellissimo vedere il teatro pieno di giovani studenti attenti a cogliere la sua preziosa testimonianza … Un’emozione che porterò sempre con me!!!
Lorenzo Tacconi
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